Last Man Standing

Scrivo qualcosa dopo molto tempo. Lo so. Quelli che hanno avuto la pazienza di aspettare e ancora attendono notizie da parte mia saranno premiati. I primi dieci che mi scriveranno che ancora non hanno il mio libro “Sposta le tue montagne” ne riceveranno una copia. 😉

La cosa interessante che ho notato è che nonostante il mio lungo silenzio il blog ha ricevuto un numero abbastanza costante di visitatori in un ordine per me abbastanza apprezzabile.

Vi ringrazio per questo.

Ho pensato a lungo a quello che voglio pubblicare su questo blog, anche in seguito a certi commenti ricevuti sui social.

Io sono qui e mi occuperò prevalentemente di crescita spirituale. Chi desidera leggere le mie riflessioni mi troverà qui. Non scriverò tutti i giorni, e magari non sarò nemmeno costante nella pubblicazione. Di certo questa è una cosa che nell’epoca dei social dove tutti cercano di essere sempre presenti per mantenere il contatto con il proprio pubblico non è in linea con i tempi.

A me però piace pensare al rapporto che ho con chi mi segue come quello tra cari amici che magari non si sentono a lungo, ma che hanno l’altra persona sempre nel cuore.

E sapete cosa vi dico dei social? Chi se ne frega.

Se avessi voluto guadagnare con corsi e quant’altro lo avrei già fatto. A me interessa invece dare il mio contributo, per quanto piccolo, per rendere questo mondo migliore. Insieme a voi.

Riflessioni

Scrivo un articolo dopo quasi un mese, senza avere preparato una scaletta o un tema, ma semplicemente per esprimere poche riflessioni su quello che significa avere un blog.

Non essendo un blogger professionista e avendo mille impegni al di fuori di questo sito, tra lavoro, famiglia e passioni varie, ho pensato che sarebbe interessante cambiare modalità di relazione con il mio pubblico.

Mi spiego: Ho mille idee e tanti articoli per la testa e sicuramente il mio desiderio è quello di contribuire il più possibile al benessere delle persone. Di certo però non ho la pretesa di dare risposte definitive sulla vita, sul mondo e sulla realtà, ma l’intenzione di mostrare il mio punto di vista.

La mia vita è vissuta in maniera straordinaria, con una gioia che faccio fatica a descrivere a parole, e così cerco di trasmettere come posso quello che riesco. Mi piace l’idea di poter contribuire a mantenere alto il fuoco della speranza, di trasmettere idee che possano in qualche modo portare a riflessioni che possano migliorare la vita di coloro che mi seguono.

Quindi questo post si rivolge a chi legge con una domanda che può portare questo blog a un altro livello, anche di condivisione.

Di cosa volete che scriva?

Ho scritto di percezione della realtà, di speranza, ho raccontato storie di grandi personaggi, ho pubblicato articoli riguardanti la meditazione e la crescita personale…A volte però ci sono temi precisi sui quali le persone desiderano un punto di vista diverso, un’opinione altrui.

Certo, ci sono mille temi sui quali comunque tornerò. Quando poi avrò la possibilità di seguire il blog con maggiore assiduità, anche gli articoli saranno più frequenti. Intanto però vi chiedo un contributo per dare qualche spunto di riflessione a me e ad altre persone che potrebbero essere interessate.

Chi ha letto il mio libro “Sposta le tue montagne”, edito da Anima Edizioni, conosce già una parte delle mie idee, e nel caso non lo aveste fatto v’invito a leggerlo, ma sarebbe bello condividerne molte altre.

Un caro saluto a voi lettori e un abbraccio forte. 😉

Gnosi ed esperienza mistica

In seguito alle polemiche e agli attacchi ricevuti dai miei due ultimi post mi sono preso un periodo di riflessione per quanto riguarda i contenuti del mio blog. Così ho deciso di concentrarmi maggiormente sull’aspetto che a me preme maggiormente esprimere: quello della dimensione spirituale della propria esistenza.

Credo che sia però necessario avere la consapevolezza del mondo concreto e quindi alternerò articoli riguardanti tematiche specificamente dedicati alla spiritualità e altri dove farò le mie considerazioni su tematiche di vario genere, dal punto di vista sociale e non solo.

Inizio però questo post dedicato a un tema che dal titolo potrebbe risultare impegnativo facendo una considerazione che ritengo fondamentale sottolineare: Quella che viene definita crescita spirituale non può essere sradicata dal mondo concreto, perché altrimenti diventa solamente un altro modo di fuggire dalla realtà.

Negli anni ho conosciuto persone che dopo esperienze di carattere mistico erano andate completamente fuori di testa. Proprio per questo nelle varie tradizioni le tecniche che possono portare a esperienze di questo genere vengono insegnate solamente dopo un percorso di crescita personale che possa portare la persona a contestualizzare la propria esperienza.

L’esperienza mistica è presente sia nelle varie religioni e sia nelle diverse tradizioni di carattere esoterico.

La parola “esoterico” viene dal greco antico ἐσωτερικός (esotericós), derivato da ἐσώτερος (esóteros, interiore), contrapposto a exoteros (esteriore). 

L'”esoterismo” viene normalmente considerato la “conoscenza nascosta”, e si parla apertamente di “conoscenza esoterica”, mentre la componente esteriore, come i vari riti religiosi, vengono considerati componenti “essoteriche”.

Se ci pensate anche Gesù stesso nei Vangeli parla attraverso le parabole alle persone comuni, quindi dal punto di vista “essoterico”, mentre poi ai propri discepoli dà un altro tipo d’insegnamento più profondo sulle stesse tematiche.

Perché scrivo nel titolo di gnosi? La gnosi è la conoscenza esperienziale, non speculativa, e quindi l’esperienza mistica in quanto tale è una forma di gnosi, che ci porta alla comprensione di qualcosa attraverso l’esperienza diretta.

Essendo però l’esperienza mistica molto spesso un’esperienza di carattere esclusivamente personale questa difficilmente può essere trasmessa in maniera compiuta. Questo sia a causa dei limiti di chi ha avuto l’esperienza, che può trasmetterla solamente attraverso l’uso delle parole, a loro volte limitate, quello che ha vissuto, e sia per i limiti di chi ne sente parlare, perché pone i propri limiti e i propri filtri come mezzo attraverso il quale cercare di comprendere l’esperienza in sé.

Qualcuno si potrebbe chiedere perché ho scritto che spesso si tratta di un’esperienza esclusivamente personale e non sempre. Pur essendo l’esperienza comunque di carattere personale, nel momento nel quale colui che ha l’esperienza mistica vede cose e situazioni che sono già state sperimentate all’interno di una determinata tradizione, questa non può più essere considerata un’esperienza esclusivamente personale.

Faccio l’esempio della tradizione cabalistica dove più volte ho avuto modo di constatare io stesso che persone diverse, me incluso, avevano visto le stesse cose, senza prima essere messe a conoscenza di quello che avrebbero potuto vedere o sentire.

Normalmente di questo si parla solamente in circoli ristretti di persone che vengono iniziate a determinate cose. Qui invece desidero scriverne più apertamente semplicemente perché ritengo fondamentale nella vita di ogni persona la consapevolezza della propria dimensione spirituale.

Dalla mia esperienza personale posso dire che solamente dopo avere avuto alcune esperienze, che posso solo definire mistiche, ho raggiunto una comprensione del mio essere che non avrei potuto avere altrimenti e che mi portano una serenità e una gioia interiore che precedentemente mi sembravano impossibili.

Spesso si parla della limitatezza dell’essere umano, della sofferenza che è considerata inevitabile nella vita, mentre quando si hanno certe esperienze diventa impossibile non avere determinate certezze che ti guidano nella vita.

La gioia interiore che provo costantemente è conseguenza di un percorso spirituale che mi ha portato a vivere cose che avrei ritenuto impossibili prima, ma non solo. Questo non elimina i problemi presenti nella vita quotidiana, ma li pone in una prospettiva diversa, dove le difficoltà diventano un’opportunità per la crescita interiore e non solamente un ostacolo.

Nel mio libro “Sposta le tue montagne” ho scritto di una di queste esperienze, ma non è stata l’unica che ho avuto modo di sperimentare negli anni.

La nostra coscienza può raggiungere degli stati di assoluta beatitudine, definita nella tradizione indiana “ananda”.

Spesso infatti nella tradizione indiana si parla di “Sat-Cit-Ananda”, letteralmente “Essere-Coscienza-Beatitudine”, dove questa triade rappresenta la piena realizzazione, perché solamente raggiungendo il puro stato dell'”essere” nella propria “coscienza” si può raggiungere la “beatitudine”.

Negli anni nei quali ho frequentato la scuola per diventare insegnante di Yoga ho avuto modo di lavorare su varie tecniche molto potenti che possono portare il praticante a stati di coscienza elevatissimi.

In questo però esistono dei rischi che secondo me sono da sottolineare, perché se la persona che ha avuto l’esperienza non è radicata nel mondo può cadere in quello che viene definito “delirio di onnipotenza”, oppure nello stato opposto, di chi avendo avuto un’esperienza di carattere mistico si sente completamente fuori posto nel mondo materiale.

Ritengo invece necessario sottolineare il fatto che chiunque sia su un percorso di crescita spirituale debba essere consapevole che è solamente “materializzando lo spirito” che possiamo “spiritualizzare la materia”. Per questo nel mio libro sottolineo l’importanza di quella che viene anche chiamata “via discendente”, dallo spirito alla materia, perché troppo spesso le persone che cercano la propria dimensione spirituale cercano solamente la “via ascendente”, per raggiungere le vette dello spirito.

Spirito e materia devono essere vissuti come un’unità, perché altrimenti la nostra coscienza tenderà a separare le esperienze senza ricordare che in tutte le tradizioni, quella cristiana compresa, si cerca l’esperienza dell’assoluto.

Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, come gocce nell’Oceano.

La goccia non può avere la consapevolezza dell’Oceano tutto, ma essendo della stessa sostanza ne ha le stesse caratteristiche, e quindi in potenza le stesse possibilità.

Qui d’ora in avanti scriverò anche di questo, partendo dalle diverse tradizioni, o dalle mie esperienze personali, per raccontare il viaggio della coscienza.

Caro amico ti scrivo

In origine avevo iniziato con questo blog per focalizzare la mia intenzione prevalentemente sulla crescita personale. Come sapete da oltre vent’anni studio diverse discipline che mi hanno portato ad avere esperienze spirituali meravigliose e una qualità di vita che mai, nemmeno nei miei sogni più arditi, avrei immaginato.

Se mi avessero detto da giovane che avrei avuto la possibilità di stare come mi sento ora a livello interiore non avrei fatto solo una firma, ne avrei fatte mille. Nel mio libro “Sposta le tue montagne” ho condiviso alcune mie riflessioni ed esperienze perché il mio desiderio é quello di poter aiutare le persone a stare meglio. Se io che ero stato fortemente ateo e avevo una visione molto negativa della vita sono cambiato allora, ho pensato, chiunque può cambiare.

Ne sono tuttora convinto e nei miei articoli continuerò a scrivere anche di queste tematiche.

Oggi però non vi scrivo di questo, ma del mio amore per la scrittura, del mio desiderio di condividere con voi qui sul mio blog anche brevi racconti che ho scritto.

Scrivere per alcuni è un po’ come respirare. Una necessità. Ed è anche un modo attraverso il quale elaborare e filtrare il mondo esterno e il proprio mondo interiore per aprire nuove porte nella coscienza.

I libri di crescita personale sono sicuramente importanti per chi desidera avere delle indicazioni da parte di chi magari ha già realizzato degli obiettivi. Personalmente però amo molto anche la narrativa, anche perché attraverso di essa si possono gettare dei semi sulla percezione del mondo che possono portare a sua volta a una crescita personale importante.

Prendiamo l’esempio di autori come Luigi Pirandello e Hermann Hesse, che nei loro scritti hanno donato perle di saggezza importanti, oltre a mostrare una profonda conoscenza di tematiche dal carattere religioso e spirituale.

Qualcuno forse si ricorderà ne “Il fu Mattia Pascal” le digressioni sulla società teosofica, molto in voga all’epoca, con citazione di autori quali Leadbeater, membro della stessa, e Allan Kardec, lo spiritista più conosciuto del periodo, oltre alla descrizione di una seduta spiritica, che mostrano il suo interesse per la dimensione trascendente.

Per Pirandello ciò che distingue l’uomo dagli altri esseri è la coscienza della propria esistenza, il nostro sentirci vivi, che definisce la nostra percezione della realtà.

In “Uno, nessuno e centomila” la vita del protagonista cambia radicalmente quando egli prende coscienza di un aspetto del quale non si era mai accorto del suo viso (il naso storto) che lo porta a chiedersi quale fosse il suo vero essere, visto che ogni persona lo vedeva in un modo che dipendeva dalla percezione che di lui avevano. Magistrale la scena nella quale egli è in una stanza con sua moglie, il suo socio e il suo cane, e immagina se stesso visto da ognuno di questi punti di vista, vedendosi così molteplice, ma in quanto molteplice alla fine in realtà non sentendosi più nessuno.

In questo senso già il titolo è un’indicazione sulla percezione che il protagonista ha di sé. Perché se centomila uomini lo vedono dall’esterno, allora esistono centomila visioni di quello che egli è. Centomila e nessuna.

Hermann Hesse invece nei suoi libri tocca l’essenza stessa della spiritualità, del desiderio dell’uomo di essere libero, ma al contempo amato e abbandonato a una dimensione superiore che in ogni momento è presente nonostante i singoli fallimenti dell’essere umano. Sono straordinari in tal senso “Siddharta”, “Demian” e lo splendido “Narciso e Boccadoro”, dove egli tocca dei vertici di poesia pura nella sua prosa in un tedesco che assurge a vette eccelse.

Secondo Salman Rushdie, tra gli altri, la narrativa ci può portare a mostrare la verità attraverso la finzione. Essa può indagare gli aspetti più nascosti dell’animo umano e mostrarci l’essenza stessa dell’essere.

Per quanto mi riguarda la scrittura è sia arte e sia artigianato, nel senso che oltre al talento necessario serve un lavoro di riscrittura che permetta d’esprimere al meglio le proprie intenzioni a livello d’espressione emozionale e non solo. Come lo scultore da un pezzo di marmo estrae la sua opera, così lo scrittore da una forma grezza deve limare ogni frase, asciugarla, trovare le giuste distanze tra i personaggi, l’intreccio e la storia. Serve disciplina, costanza e tempo.

Sono un lettore esigente e spesso le cose che ho scritto in passato non mi sono piaciute. Soltanto quando scrivo cose che veramente trovo valide ho la voglia di condividerle. Gli articoli di questo blog invece mi risultano più semplici da scrivere, soprattutto perché raccontano di avvenimenti del mondo concreto.

Nella narrativa e nella prosa invece dobbiamo lasciare che siano le azioni e le parole dei personaggi a darci la loro dimensione, a mostrarci il loro mondo. Ha per esempio, più forza una cosa evocata, rispetto al fatto stesso di mostrarla.

In questo caso faccio l’esempio che ho maggiormente ammirato, che però viene dal cinema. Il linguaggio cinematografico ovviamente è diverso, ha altre esigenze sia a livello narrativo e sia livello d’espressione. Nel film “Seven” del regista David Fincher un serial killer uccide utilizzando come riferimenti per i suoi delitti i sette vizi capitali. Ebbene, in tutto il film non vediamo mai un omicidio, non vediamo mai il momento della violenza, essa viene sempre solamente evocata, donando al film una tensione incredibile.

Il linguaggio può essere usato in molti modi. L’utilizzo della grammatica, della sintassi, delle immagini, delle descrizioni, dei dialoghi oppure la mancanza di essi ci portano a conoscere meglio un autore e il suo mondo.

Scrivere ti porta a conoscere delle cose del tuo essere che a volte non immaginavi nemmeno d’avere.

A volte lasciare libero il flusso della coscienza nella scrittura ti porta a risposte delle quali non conoscevi nemmeno le domande. Scrivere può essere una forma di terapia, dove lasciare uscire cose che sono ferme, immobili, dentro di te da tempo, ma che aspettano solamente che tu dia loro la possibilità di manifestarsi. Questo sia per le cose che a volte non vogliamo riconoscere in noi stessi, ma anche per idee nuove che ci aprono strade nel pensiero che possono cambiarci nel profondo.

Ogni autore ha una sua voce. A me piacerebbe farvi conoscere più da vicino la mia. Per questo l’idea di pubblicare sul mio blog alcuni brevi racconti mi dona gioia. Alcuni sono lì, in un cassetto (o in un a cartella sul pc), da tempo ad aspettare un pubblico che possa emozionarsi.

In passato credevo che la mia scrittura non fosse ancora matura, che dovesse migliorare, e certamente non si smette mai di crescere, contemporaneamente però rileggendo delle cose che ho scritto ho avuto le lacrime agli occhi, ho gioito, ho sofferto, e mi sono reso conto che la gioia della scrittura e della rilettura di quello che ho scritto è grandissima. Per questo desidero condividerle con voi.

Mi auguro che desideriate accompagnarmi in questo nuovo viaggio, dove spero che quello che scrivo possa emozionarvi quanto mi sono emozionato io leggendo i libri che maggiormente amo.

Azioni per il risveglio-1

Chi segue da tempo questo blog ha compreso che ritengo fondamentale essere parte attiva del cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. Possiamo attraverso le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri avere un impatto diretto sulla realtà.

Anche se il mio libro si occupa prevalentemente di fede, come avete visto, i post che scrivo raccontano anche del mondo concreto, di problematiche reali, con le quali ci dobbiamo confrontare.

Dal mio punto di vista occuparsi solo dell’aspetto spirituale, o della crescita personale, rappresenta un altro modo di fuggire, di non affrontare la vita, e la realtà, per quello che sono.

Se una persona, per esempio, fa una meditazione profonda che le porta grande benessere e poi vedendo la gente che muore di fame dice che è semplicemente il loro karma, questa persona, dal mio punto di vista, oltre che essere persa nel proprio ego, è assolutamente inutile per l’evoluzione dell’Umanità.

Fino a quando crederemo che cresciamo solo come singoli, e non come parti dello stesso “insieme” siamo destinati a vivere una vita che non rappresenta il pieno potenziale del nostro essere, del nostro ruolo.

Nelle varie religioni del mondo esistono figure che rinunciano consapevolmente a quella che viene considerata la “liberazione finale” per portare gli altri al risveglio. Così come in altre la dedizione nei confronti del prossimo e l‘abbandono nei confronti del divino sono fondamentali per riportare l’essere umano in maniera compiuta nello stato di “santità”, che è un potenziale insito in ognuno di noi.

Anche in coloro che riteniamo non degni, o inferiori, o incapaci, o troppo malvagi.

La redenzione dell’essere umano è un altro potenziale che potrebbe risvegliarsi. Per questo dovremmo innanzitutto concentrarci sul nostro retto pensare, parlare e agire, prima di esprimere giudizi sul prossimo.

Nel caso estremo dovremmo giudicare l’errore, non la persona che lo commette. Se rendessimo l‘errore inscindibile dalla persona, questa, pur essendosi magari pentita, avendo scelto di cambiare, di dedicarsi a un cammino di purificazione, ai nostri occhi rimarrebbe quello che era prima del cambiamento.

Da dove iniziare con le nostre piccole azioni?

La prima cosa, dal mio punto di vista, dovrebbe essere la piena consapevolezza che un lungo viaggio inizia da un primo semplice passo. Il susseguirsi di piccoli passi nella stessa direzione ci porta sempre più vicini alla meta.

In questo post vi metterò informazioni che potrebbero sembrare fuori luogo in un blog che prevalentemente si occupa di crescita personale, ma come già accennato sottolineo il fatto che ritengo necessario un intervento concreto a livello personale anche nelle nostre piccole abitudini, che hanno un impatto diretto sul mondo.

Come quando andiamo a fare la spesa.

Quando facciamo acquisti è come se in un certo senso avessimo la possibilità di votare per il modo con il quale le aziende si muovono nel mondo. Ovviamente c’è anche da tenere in considerazione la possibilità di spesa che hanno le persone, ma a volte semplicemente cambiando marca scegliamo un modo di lavorare più etico senza perdere in qualità o nel prezzo.

Da anni seguo un sito che fa il monitoraggio delle varie multinazionali del mondo, e potete vedere, mentre lo stesso viene costantemente aggiornato, il modo con il quale queste si muovono, dove sfruttano il lavoro minorile, non rispettano il minimo salariale dei lavoratori, dove sono coinvolte in scandali finanziari oppure in abusi ambientali.

Il sito è il seguente: transnationale.org
Il link che vi ho messo è quello in italiano, anche se non tutte le parti sono tradotte.

Chiunque di voi sia interessato a comprendere meglio le dinamiche del mercato reale e il dietro le quinte non dichiarato normalmente qui potrà avere una serie d’informazioni fondamentali per scegliere in maniera etica i propri acquisti.

Ovviamente ci possono anche essere le esigenze di genitori che hanno bambini che amano certi prodotti, oppure le nostre stesse abitudini, senza citare il fatto che a volte è difficile anche conoscere i collegamenti tra una marca e l’altra.
Spesso ci sono marche che non sappiamo essere di proprietà di altre società delle quali magari vorremmo evitare i prodotti.

Ritengo però opportuno cominciare ad approfondire anche i propri acquisti in maniera consapevole.

Grazie a queste scelte etiche e solidali da parte dei consumatori molte aziende nel mondo stanno rivedendo il loro modo di rapportarsi sia nei confronti dei loro dipendenti e sia nei confronti del loro ruolo come esempio da seguire per portare a cambiamenti reali e concreti nella vita di molte persone.

Il consumismo che affligge la nostra società può diventare l’arma stessa per sconfiggerlo, attraverso un utilizzo cosciente e consapevole del ruolo di consumatori, che diventano coloro che decretano attraverso il loro voto, nei supermercati e non, il successo o meno di una società.

A breve vi scriverò di alcuni esempi nobili di società che stanno affrontando il cambiamento nel modo con il quale noi stessi dovremmo fare.

State sintonizzati.

Svegliati Signore!

Negli occhi di molti c’è ancora l’immagine di Papa Francesco nella piazza vuota davanti alla basilica di San Pietro sotto la pioggia.
Inimmaginabile fino a poco tempo fa.

Nelle parole della sua omelia di quella sera ci sono stati passaggi molto profondi, e in questo post desidero soffermarmi su alcuni di essi per sottolineare una cosa che ritengo di fondamentale importanza per comprendere meglio il momento nel quale viviamo: la nostra mancanza di fede.

Come “nostra mancanza” intendo quella della società nel suo complesso, dove pare che tutto sia importante per molti, tranne che il rapporto con la divinità, con la dimensione spirituale, vista da alcuni come un semplice retaggio del medioevo, e non come una profonda esigenza interiore dell’essere umano di comprendere il mistero stesso della creazione.

Papa Francesco nella sua omelia a un certo punto dice:
“Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”

Il riferimento diretto è al passaggio del Vangelo di quella sera, dove l’evangelista Marco racconta della paura dei discepoli durante una tempesta. Gli apostoli e Gesù sono su una barca, e Gesù dorme, unico momento nei Vangeli, e loro terrorizzati lo svegliano.
Sono impauriti, disorientati, e gli chiedono: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Marco 4:38).
Pensano che si disinteressi di loro, che non gli importi del loro destino.
E lui cosa fa?
Rimprovera le acque e i venti che così si calmano e si rivolge ai suoi discepoli dicendo: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?»

Facendo un paragone con i giorni nostri siamo noi su quella barca e siamo noi ad avere paura, a temere per la nostra vita e per quella dei nostri cari, mentre siamo convinti che Dio si sia voltato da un’altra parte, se crediamo in lui, oppure che semplicemente non esista e che siamo spinti da un fato avverso verso il precipizio.

Personalmente ritengo che nelle più grandi avversità ci siano non solo lezioni da imparare, ma anche delle possibilità. Continuavamo a correre verso una crescita costante credendo che questo fosse l’unico modo per affrontare il mondo, a volte indifferenti agli altri per raggiungere i nostri obiettivi effimeri. Ora ci siamo resi conto una volta di più della nostra fragilità, che non siamo onnipotenti, che non possiamo piegare il mondo, le persone, il clima, le malattie, al nostro volere.

Alcuni maestri spirituali di diverse religioni hanno affermato che questo virus è stato creato dalla natura, dal mondo, da Dio, per insegnarci qualcosa, per ricordarci che non tutto ci è dovuto, che possiamo fare di meglio per questo pianeta, per la società e per i più deboli.
Perché anche se ci sono anche vittime di questa piaga che erano sane prima di contrarre il virus, la maggiorparte sono persone già malate, oppure anziane, e più deboli, mentre le strutture sanitarie del nostro paese e di altre nazioni non erano pronte a un’emergenza simile anche a causa di scelte politiche di governi di diversi colori che hanno preferito tagliare le spese sanitarie, mantenendo intatte invece le spese militari.

Ora, dopo le esortazioni del segretario generale delle Nazioni Unite a un cessate il fuoco generalizzato per tutte le zone di guerra nel mondo anche le guerre si sono fermate, dimostrando che è possibile farlo.

Dobbiamo essere consapevoli che in molti campi si può fare meglio di come abbiamo fatto fino a ora e che possiamo creare un mondo migliore, più giusto.

Per fermare la pandemia dobbiamo essere consapevoli che siamo, come giustamente ha detto Papa Francesco nell’omelia, tutti sulla stessa barca, che dobbiamo remare insieme, nella stessa direzione, aiutando il prossimo come meglio possiamo, sia contenendo il contagio e sia supportandolo a livello economiche se è nelle nostre possibilità.

Ritengo però necessario agire senza sosta avendo come costante in questo la fede, che oltre ad alimentare il sacro fuoco della speranza, deve diventare faro e guida che illumini le tenebre che ci circondano.

Io ho una certezza assoluta: Che la fede può spostare le montagne, che possiamo fare l’impossibile, sempre affidandoci a Dio, all’Assoluto, all’Universo o come lo volete chiamare, e che non siamo in grado di farlo solamente perché crediamo che non sia possibile.
Ci hanno insegnato questo in molti, ma la stessa Bibbia più volte sottolinea invece che dobbiamo credere, che dobbiamo avere fede, che la vera preghiera non è una supplica, ma la coscienza di una certezza.

A volte siamo intorpiditi, rassegnati all’inevitabilità di un destino ineluttabile, e la tempesta che stiamo vivendo può svegliarci dal nostro torpore e comprendere una volta di più che Dio è in attesa del nostro risveglio, che ci chiede di prendere per mano l’umanità e di gridare al cielo: “Svegliati Signore!”

Dio ci aspetta, aspetta che siamo noi a chiedere, che siamo noi anche a trattare con lui, come in varie parti della Bibbia ci viene insegnato*.

Gesù nel Vangelo di Marco commentato dal Papa dice:«Perché avete paura? Non avete ancora fede?»

Nei Vangeli ci esorta a chiedere, a bussare, anzi addirittura nella parabola della vedova e del giudice dice di essere insistenti, di continuare a chiedere, dicendo di pregare sempre senza mai stancarsi.**
La vedova risulta perfino essere molesta, e Gesù invita a gridare verso il cielo senza fermarsi.

Come non citare anche il passaggio in Genesi (18:22-33)*** dove Abramo intercede presso Dio più volte chiedendo di salvare Sodoma e Gomorra se avesse trovato un certo numero di giusti per non condannarli alla distruzione insieme agli empi. Prima contratta per 50 giusti, poi per 45, per 40, per 30, per 20 e infine la spunta per 10.
E stiamo parlando di Sodoma e Gomorra che sono considerati gli esempi più chiari di luoghi pieni di peccato.

Se dunque Dio è disposto a salvare delle città così trovando anche solamente 10 giusti, perché dovremmo temere la sconfitta, la capitolazione essendo consapevoli che Dio ci ascolta e aspetta l’innalzarsi della nostra voce?

M’immagino ora che qualche ateo potrebbe leggere queste righe e pensare che sia una riflessione basata su credenze superate dalla scienza e dall’illuminismo. Ebbene, essendo stato ateo comprendo il loro punto di vista, basato sulla razionalità, sulle speculazioni che devono avere degli riscontri oggettivi nel mondo materiale per poter essere considerati attendibili. Non solo li comprendo, ma penso che sia fondamentale che ci siano persone che mettono in dubbio la fede, in modo che non sia basata solamente sulle parole della nostra tradizione, oppure sulla fiducia non ragionata nei confronti di cose che non si capiscono.

Io scrivo di fede, e ci ho scritto un libro, perché ho avuto delle esperienze tangibili, concrete, reali, che porterebbero qualsiasi ateo, avendole vissute, a rivedere il proprio punto di vista.

La vera fede non è lo sforzo di credere in qualcosa, ma la coscienza di una certezza. Quando hai vissuto delle cose considerate miracolose personalmente nessuna speculazione fatta da altri può scalfire le tue certezze. Del resto chi s’interessa di scienza dovrebbe sapere che secondo la meccanica quantistica le aspettative di uno scienziato influenzano i risultati di un esperimento, dimostrando così, scientificamente, che il pensiero ha una sua forza.
Vi metto qui un articolo al riguardo, ma ne esistono moltissimi.

Immaginate un mondo in preghiera per la pace, per la salute di tutti, per la giustizia, e potrete comprendere come potrebbero essere il nostro pianeta e la nostra società se non continuassimo a lasciare il dominio al caos, alla paura, all’ira e al risentimento, vagando senza una meta, rassegnati a un destino inesorabile come molti di noi sono.

In questa settimana santa, nell’attesa della Pasqua di Resurrezione, ripensiamo e facciamo nostre le parole di Papa Francesco:
“Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”

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*Marco 11:22-24 22 Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! 23 In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. 24 Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato.

Matteo 17:20 20 In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile.

Matteo 7 :7-8 Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.

Luca 11:9-10 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.

**Luca 18:1-8 1 Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2 «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3 In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4 Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5 poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 6 E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8 Vi dico che farà loro giustizia prontamente. 

***Genesi 18:22-33 22Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. 23Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? 24Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? 25Lungi da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». 26Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città».27Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere… 28Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque». 29Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». 30Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». 31Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». 32Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». 33Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

L’estetica della traduzione

La traduzione di un testo (qualsiasi testo) da una lingua a un’altra ha delle difficoltà notevoli che portano a volte a rischiare di stravolgere il significato originario che l’autore intendeva esprimere.

Ho tradotto personalmente il mio libro “Sposta le tue montagne” in inglese (lo potete trovare con il titolo “Move Your Mountains” in formato ebook), e devo dire che pur essendo io stesso l’autore mi sono ritrovato a fare delle scelte che pur mantenendo in linea di massima il significato originale non sono una traduzione letterale al cento per cento.
Nel lavoro mi ha aiutato un amico, insegnante d’inglese, che ha eseguito la correzione finale del testo, sulla quale poi abbiamo discusso alcune ore per inquadrare meglio alcune frasi che potevano essere interpretate in modo diverso. Oltretutto alcuni modi di dire tipicamente usati in italiano non hanno un corrispettivo inglese. Senza prendere esempi diretti dal mio libro preferisco utilizzare alcune espressioni utilizzate in una lingua rispetto a un’altra per rendere meglio l’idea.

L’espressione “Piove a catinelle” non avrebbe senso in inglese, come lo stesso “It’s raining cats and dogs”, letteralmente in italiano sarebbe “Piovono gatti e cani” intendendo che piove a dirotto. Senza andare a ricercare l’origine del modo di dire, che potrebbe in alcuni casi essere illuminante, diventa chiaro che non si può sempre fare una traduzione letterale delle frasi. Questo perché il lettore che legge il testo in un’altra lingua spesso non è a conoscenza dei modi di dire usati in altri contesti culturali, oltre a non avere magari alcun senso

La difficoltà della traduzione nasce anche a volte a causa di riferimenti, culturali e non, che magari il traduttore non conosce.Quando parliamo di traduzioni di qualsiasi genere quindi dobbiamo essere consapevoli che si tratta sempre di un adattamento a una lingua diversa che non può, a causa della diversità strutturale e culturale, essere sempre letterale.

Personalmente ritengo che la cosa migliore sia leggere un testo, o vedere un film, se possibile, in lingua originale. Spesso e volentieri in certe traduzioni vengono stravolti dialoghi, cambiati contesti, e non solo in funzione di quella che viene definita “estetica della traduzione”.

Diventa a maggior ragione difficile avere un’idea certa di cosa intendessero gli autori originali di qualsiasi testo.


Per avere una traduzione più accurata possibile la cosa migliore sarebbe un confronto tra il traduttore e l’autore, che sarebbe opportuno conoscesse la lingua del caso. Diventa quindi a mio modo di vedere difficile poter affermare che la propria interpretazione di un testo sacro, che può arrivare a noi dalla traduzione di una traduzione, sia quella corretta. 

Mi è capitato di confrontarmi con persone che leggono sia l’antico e sia il nuovo testamento nella versione originale, e loro stessi mi hanno parlato della difficoltà nel rendere determinate frasi, tenendo in considerazione il fatto che conosciamo parzialmente il contesto del tempo e quindi l’utilizzo di determinate affermazioni. Ci sono poi anche interpretazioni che sono considerate non ortodosse date a vari passaggi. Nell’ebraismo, per esempio, c’è chi considera le speculazioni cabalistiche
come eretiche.Devo dire però che secondo me ci sono alcuni esempi che rendono chiaro il fatto che a volte una singola lettera può cambiare totalmente l’interpretazione di un passaggio della Bibbia.

In Genesi 17,5 c’è scritto: Il tuo nome non sarà più Abram,
ma Abramo.In italiano, o in qualsiasi altra lingua che non sia l’ebraico, si perde un aspetto fondamentale nell’ottica cabalistica, che è ciò che accade nella trasformazione del nome di Abram/Abramo, senza poi andare a vedere il cambiamento nel senso etimologico.
In ebraico “Avram” si scrive con le lettere Aleph-Beit-Resh-Mem”, mentre “Avraham” si scrive con le lettere Aleph-Beit-Resh-Hey-Mem.

La lettera immessa, la Hey, che ha valore numerico 5, rappresenta nella Cabalà la Torah, il pentateuco, quindi il fatto che nel nome di Avraham venga immessa questa lettera sta a significare che attraverso l’alleanza tra lui e Dio si manifesta il volere di Dio con il suggello della Torah, la somma parola divina. Inoltre nella Cabalà esiste un termine fondamentale per chi la studia: la ghematria. Questo termine viene utilizzato per definire la somma numerica attribuita alle singole parole in ebraico, avendo ognuna delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico un valore definito.

Secondo questa visione ogni parola che ha la stessa ghematria ha un collegamento diretto, un significato profondamente legato. Se guardiamo la ghematria di Avram abbiamo un valore numerico di 243, che corrisponde a “gamar-finire”, “garam-causare o rompere le ossa” o “ragam-lanciare le pietre”. Avraham invece ha una ghematria di 248 che corrisponde invece a:

Raziel-“Il segreto di Dio”, uno degli angeli più importanti Uriel-“La luce di Dio”, uno dei 4 angeli superiori

Betzelem Elohim-“Nell’immagine di Dio”

Qol Y-H-V-H Elohim-Voce del Signore Dio

Rechemventre, utero

Chomermateria

Machardomani

Ramachspada

Cheremscomunica, interdizione

Marachspalmare

Sono certo che vi siate resi conto della differenza sostanziale del profondo significato nascosto nato dalla “semplice attribuzione” di una singola lettera.Con l’immissione della Hey nel nome di Avram/Avraham non solo viene suggellata l’alleanza tra Dio e il patriarca di quello che sarà il suo popolo manifestando attraverso di essa l’essenza della Torah nel mondo, ma lo stesso Avraham viene innalzato al livello degli angeli ed è entrato nell’immagine di Dio.

L’alleanza diventa il ventre dal quale si manifesterà il suo popolo nella materia, votato al domani, alla rettificazione della materia stessa, ottenendo la spada del discernimento.Tornando alle traduzioni, v’invito a riflettere prima di considerare la versione che sentite tradotta come corretta. Come un giornalista di parte può darvi una visione distorta della realtà un traduttore di parte può darvi una sua versione distorta del testo originale.Pare che addirittura in passato alcune guerre siano state causate da errori di traduzione come potete vedere cliccando qui.Nella traduzione le sfumature delle parole utilizzate contano. Pensateci quando parlate con persone che non conoscono bene la nostra lingua o quando parlate in una lingua che non è l’italiano, oppure quando leggete un qualsiasi testo tradotto.

Il senso delle parole

Le parole racchiudono mondi e aprono porte.

A volte possono anche limitare un concetto, oppure nascondere significati che nascono proprio dall’origine stessa della parola. Conoscerne la radice può portarci quindi ad avere una visione più chiara del mondo e così comprendere aspetti che in un primo momento ci erano sfuggiti.

Prendiamo alcuni casi come esempio:

La parola entusiasmo, secondo alcune versioni, deriva dal greco “Èn-Theos”, cioè “pieno di Dio”, quindi “divinamente ispirato”, portandoci così a comprendere che ciò che ci dona “entusiasmo” letteralmente proviene dalla divinità e può così, con il giusto discernimento, mostrarci la strada da seguire nelle nostre scelte.

Oppure c’è la parola “teurgia”, che viene da “theos” (Dio) ed “ergon” (opera), letteralmente “opera di Dio”, mentre “magia” è un eponimo che trae origine dai suoi inventori, cioè i cosiddetti “magi”, una casta sacerdotale persiana e zoroastriana, dei quali a suo tempo scrisse anche Erodoto (e qualcun altro come ben sapete), che si racconta abbiano inventato l’astrologia e la magia.

Tornando al significato etimologico, la cosa però, ovviamente, vale per ogni lingua. Questo ricordando che ognuna di esse ha origini più antiche e quindi ci può portare a capire che l’etimologia ci può insegnare il significato ancestrale di una parola a seconda anche della prospettiva stessa che un popolo aveva, o ha, al riguardo di un tema specifico.

Chi ha la fortuna, come me, di conoscere più di una lingua può rendersi conto non soltanto delle difficoltà intrinseche nella traduzione stessa (che meriterebbe un post a parte), ma anche del fatto che ragionando in un’altra lingua si ragiona in modo diverso. Anni addietro mi resi conto che quando parlavo, o ragionavo, in una lingua o in un’altra, il mio modo di pensare cambiava.

Successivamente feci una ricerca al riguardo per scoprire se c’erano anche teorie linguistiche che supportavano questa mia impressione. Ho così scoperto che esiste la cosiddetta “ipotesi di Sapir-Whorf” (che prende il nome dal linguista e antropologo statunitense di origine tedesca Edward Sapir e dal suo allievo Benjamin Lee Whorf), conosciuta anche come “ipotesi della relatività linguistica” che afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla, che nella sua forma più estrema assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare.

Questa ipotesi ha trovato una certa resistenza da parte di vari linguisti, ma vivendo personalmente la percezione della differenza la ritengo reale.

Perché scrivere di ciò?

Per mostrare una volta di più come la percezione, tema che affronto nel mio primo libro, possa essere influenzata da molteplici aspetti, non ultima la lingua che si parla.

Per questo prendo un esempio da un libro del buon Igor Sibaldi, “Il mondo dei desideri”, dove in un passaggio scrive varie parole in più lingue utilizzate per definire il “lavoro”.
In alcune lingue c’è la distinzione tra “attività produttiva svolta liberamente, per propria volontà, o ispirazione” e “attività lavorativa imposta da qualcun altro”.

In latino le parole “opus” e “labor” hanno significati diversi, come in greco le parole “ergon” e “kopos”, mentre in italiano la parola “lavoro”, che viene utilizzata per definire entrambi i termini, deriva dal latino “labor”, cioè “lavoro servile”. Addirittura le parole “travail” (francese) e “trabajo” (spagnolo) pare derivino da un ordigno, il trabalium, in cui s’incastravano i cavalli intrattabili per ferrarli…

Il significato etimologico delle parole quindi c’influenza molto più di quello che pensiamo e di conseguenza ritengo fondamentale sottolineare l’importanza della consapevolezza del potere della parola.

Nel mio libro “Sposta le tue montagne” in un capitolo scrivo del “Koto-dama”, letteralmente “spirito della parola”, una tradizione giapponese che insegna l’attenzione profonda riguardo all’uso delle stesse, e dei mantra, parole di potere utilizzate nella cultura induista.

Non a caso poi il noto cabalista francese George Lahy nella sua traduzione del “Sepher Yetzirà” (libro della formazione), uno dei libri fondamentali della Cabalà ebraica, scrive che la parola “abracadabra” in ebraico significa letteralmente “creo come parlo”.

V’invito a ricordare che ogni vostra parola genera un effetto e crea delle conseguenze.

Dobbiamo dare un senso all’uso delle nostre parole.

V’invito a porvi una domanda:
Quali parole usate nella vostra quotidianità?

Sono le parole che usate che indirizzano la vostra vita.

Il vento della libertà

L’essere umano anela nel suo profondo alla libertà, quella condizione nella quale può agire, scegliere e pensare senza condizionamentiEssere liberi però oltre che dipendere dal mondo esterno, dipende dal modo con il quale affrontiamo la vita, dal nostro modo di relazionarci ad essa.

Cosa vuol dire realmente essere liberi?

Fare quello che vogliamo senza nessun freno, lasciandoci andare ai nostri istinti senza limitarli in nessun modo? Oppure utilizzare la nostra coscienza per discernere e scegliere consapevolmente come agire, sapendo cosa ci spinge, perché abbiamo consapevolezza del nostro essere?

Nel mio modo di vivere quella che io definisco “libertà interiore” è fondamentale, e non ha in nessun modo a che fare con il mondo che ci circonda, con i vincoli e le barriere del corpo e della società.

Perché dentro di noi c’è l’unico orizzonte che nessuno può toglierci: il nostro essere.

Ma quanti di noi sono disposti ad essere ciò che sono realmente? E quanti di noi sanno che l’essere è composto da infiniti aspetti di noi stessi che convivono ed emergono a seconda del nostro divenire?

Essere liberi è uno condizione dell’essere che nessun altro può toglierci.

Per muoversi nel mondo però la libertà assoluta che possiamo sentire in noi, come un forte vento che sentiamo nell’anima, dobbiamo usarla sapendo discernere.

Perché la libertà senza limiti ci porta a disperderci.
I limiti senza libertà invece sono una gabbia.

La vera libertà, per agire nel mondo, è la capacità di scegliere i propri limiti.

Nel nostro essere invece possiamo lasciare che soffi il suo vento impetuoso che ci porta ad espandere il nostro petto, mentre sentiamo che siamo parte dell’infinito e che l’infinito tutto è parte di noi

Benvenuti!

Inizio il primo post del mio sito provando gratitudine nei confronti di chiunque dedichi una delle cose più preziose nella vita a leggere quello che scrivo: il tempo.

Il tempo scorre inesorabilmente, e così ognuno di noi cerca di passarlo con le cose che ritiene possano arricchirlo. In tal senso desidero cercare di far sì che il tempo che passate sul mio blog non sia una “perdita“, ma un “investimento“, in modo che possiate lasciare questo sito sentendovi più ricchi, con un sorriso in più,  oppure con un peso in meno.

Tutti noi, è inutile negarlo, abbiamo sofferto nella nostra vita, ed abbiamo sentito il bisogno di avere una parola di conforto, di avere un amico/un’amica che ci sostenesse.

Quello che scrivo mi auguro possa aiutarvi a stare meglio, che possa riaccendere in voi quella straordinaria forza che attende solo d’essere risvegliata.

Come scrivo in Sposta le tue montagne,  il mio primo libro che uscirà a maggio per Anima Edizioni, e che già è disponibile in formato ebook, ritengo che ognuno di noi sia contemporaneamente maestro ed allievo, che ognuno di noi possa imparare da tutti,  scegliendo di farlo.

Le mie parole sono un punto di vista, un’altra prospettiva, non una verità calata dall’alto.

Perché quello che scrivo potrebbe aiutarvi?
Perché ho sbagliato molto, e così ho imparato molto dai miei errori.

Potete usare le esperienze degli altri come insegnamento nella vostra vita. Questo lo potete fare non perché gli altri sono meglio di voi, ma perché tutti noi esseri umani camminiamo insieme nel sentiero della vita.

Cari compagni di viaggio, da qui inizia il nostro viaggio insieme.

Io sono qui ad aspettarvi con gratitudine.