Last Man Standing

Scrivo qualcosa dopo molto tempo. Lo so. Quelli che hanno avuto la pazienza di aspettare e ancora attendono notizie da parte mia saranno premiati. I primi dieci che mi scriveranno che ancora non hanno il mio libro “Sposta le tue montagne” ne riceveranno una copia. 😉

La cosa interessante che ho notato è che nonostante il mio lungo silenzio il blog ha ricevuto un numero abbastanza costante di visitatori in un ordine per me abbastanza apprezzabile.

Vi ringrazio per questo.

Ho pensato a lungo a quello che voglio pubblicare su questo blog, anche in seguito a certi commenti ricevuti sui social.

Io sono qui e mi occuperò prevalentemente di crescita spirituale. Chi desidera leggere le mie riflessioni mi troverà qui. Non scriverò tutti i giorni, e magari non sarò nemmeno costante nella pubblicazione. Di certo questa è una cosa che nell’epoca dei social dove tutti cercano di essere sempre presenti per mantenere il contatto con il proprio pubblico non è in linea con i tempi.

A me però piace pensare al rapporto che ho con chi mi segue come quello tra cari amici che magari non si sentono a lungo, ma che hanno l’altra persona sempre nel cuore.

E sapete cosa vi dico dei social? Chi se ne frega.

Se avessi voluto guadagnare con corsi e quant’altro lo avrei già fatto. A me interessa invece dare il mio contributo, per quanto piccolo, per rendere questo mondo migliore. Insieme a voi.

La sfida celeste

Quale Bibbia?-Primo confronto

Come scritto nel post precedente pubblico qui un confronto tra cinque diverse edizioni della Bibbia in mio possesso, dove potete valutare personalmente le differenze presenti. Si tratta di due Bibbie cattoliche, una protestante, una interconfessionale e una della congregazione dei Testimoni di Geova.

Qualcuno sostiene che alla fine, in generale, pur essendoci differenze sui termini utilizzati a volte, il messaggio non si perde, perché fondamentalmente coerente, a prescindere dalla traduzione che leggiamo. In questo caso specifico però vi metto un passaggio dove nella stessa frase troviamo un’edizione che utilizza un termine (“maledirà”) che viene tradotto in un’altra versione con il suo esatto contrario (“benedirà”). Questo è il motivo per il quale utilizzo proprio questo passaggio.

(Ho messo anche un link al testo originale in ebraico, che chi conosce potrà utilizzare come riferimento.)

Il testo biblico completo, a prescindere dal canone di riferimento utilizzato, è pieno di un numero elevatissimo di passaggi interpretati in modi molteplici, come vedremo in futuro.

La sfida celeste del titolo è quella ormai famosa tra Satana (in una versione definito “il satana” in minuscolo, che qui non è un nome, ma un sostantivo) e Dio. (L’ebraico שָּׂטָ֖ן viene tradotto in contesti non biblici anche come l’avversario o l’accusatore, ma più sovente come “l’avversario” o anche come diavolo, mentre qui viene tradotto usualmente come nome indicante l’avversario di Dio per antonomasia.)

Nel versetto 6 del libro di Giobbe vediamo che i figli di Dio, tradotti anche come “creature celesti”, si presentano davanti a Dio e anche Satana (o il satana) è presente. Avete letto bene. In questo passaggio (Giobbe 1:6-12) della Bibbia Satana, considerato normalmente come la fonte di ogni male, si trova in mezza alla corte celeste e oltretutto sfida Dio.

In che modo?

Dopo che Dio si rivolge direttamente a Satana per elogiare il fedele Giobbe, questi gli dice che anche solamente togliendogli le benedizioni ricevute questa cosa cambierebbe. Dio così concede a Satana il potere su ciò che appartiene a Giobbe ponendogli il limite di “non stendere la sua mano su di lui”. In seguito alla sfida Giobbe perderà addirittura tutti i suoi figli (Giobbe 1:19).

Nei secoli sono stati scritti fiumi d’inchiostro su questo libro della Bibbia e sull’origine stessa del male, sulla libertà che Dio concede al male stesso sugli uomini retti, come in questo caso Giobbe, che perdendo apparentemente la grazia divina viene poi accusato ingiustamente dai suoi amici di essersi allontanato con il suo agire da Dio, meritandosi così l’ira divina.

Giobbe è innocente. Eppure Dio concede la libertà a Satana di fare varie cose, sui suoi possedimenti e anche sulla sua famiglia, e tutto per provare che egli è devoto a Dio a prescindere dalle circostanze esterne.

In vari scritti qualcuno definisce “infantile” il fatto di confondere Satana con “il satana”, ma il testo ebraico non chiarisce la frase in sé. Inoltre esistono innumerevoli interpretazioni del passaggio, anche nella tradizione ebraica, che non sono in accordo tra loro.

La sofferenza del giusto diventa così nel libro di Giobbe tema di discussione tra i vari personaggi che appaiono e parlano, tra accuse dirette a Giobbe e riflessioni sull’imponderabile origine delle motivazioni che spingono Dio nelle sue azioni nel mondo.

Riflessioni che hanno portato nel tempo anche molti teologi del mondo ebraico a confrontarsi sulle motivazioni ultime della Shoah, in quella che viene definita “Teologia dell’Olocausto”.

Questa s’interroga sulle origini del male, tra l’idea del sacrificio necessario in modo che i peccati del mondo vengano purificati attraverso il sangue versato dagli innocenti, e l’idea del prezzo da pagare per il libero arbitrio umano, che sposta così la responsabilità del male da Dio alle scelte dell’umanità stessa.

Il tema delle origini del male ancora oggi per molti credenti risulta inspiegabile, mentre altri utilizzano l’idea stessa di un piano preordinato che alla fine porterà al trionfo di ogni bene, dopo che il male sarà lasciato libero di agire nel mondo, portando così a separare, in una delle visioni escatologiche cristiane, coloro che hanno agito rettamente dagli altri.

Giobbe 1,6-12-Versione tratta da “La Bibbia di Gerusalemme”-edizione italiana del 2009 con l’Imprimatur del Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, del 14 novembre 2008-Per il testo della traduzione in lingua italiana de La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana-©2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena- ©2008 Libreria Editrice Vaticana

6 Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. 7 Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». 8 Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». 9 Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? 10 Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. 11 Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti maledirà apertamente!». 12 Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore.

Giobbe 1,6-12-Versione tratta da “La Sacra Bibbia”-Traduzione dai testi originali-Edizioni Paoline-Finito di stampare negli stabilimenti litografici paolini a Roma, febbraio 1964-Imprimatur Curia Episcopalis Albanen 24-6-1958

6 Un giorno avvenne che i figli d’Iddio andarono a presentarsi davanti al Signore e il satana andò pure in mezzo a loro. 7 E il Signore chiese al satana: «Da dove vieni?». E il satana rispose al Signore dicendo: «Dal percorrere la terra e dall’aggirarmi per essa». 8 E il Signore disse al satana: «Hai posto il tuo cuore sul mio servo Giobbe, che nessun come lui c’è sulla terra, uomo perfetto ed integro, timorato d’Iddio e lontanono dal male?». 9 E il satana rispose al Signore e disse: «Forse per nulla teme Giobbe Iddio? 10 Non hai messo una siepe intorno a lui e intorno alla sua casa e a tutto ciò che è suo? L’opera delle sue mani hai benedetto e il suo bestiame abbonda sulla terra. 11 Ma e…stendi un poco la tua mano e tocca quel ch’è suo: vedrai…se non ti benedice in faccia!». 12 Il Signore disse al satana: «Ecco, tutto quello ch’è suo è in mano tua, solo su lui non stender la tua mano». E il satana partì dalla presenza del Signore.

Giobbe 1,6-12-Versione tratta La Sacra Bibbia-Con note e commenti di John MacArthur (pastore della Grace Community Church di Sun Valley, in California, dal 1969)-Nuova Riveduta 2006-Società Biblica di Ginevra

6 Un giorno i figli di Dio vennero a presentarsi davanti al SIGNORE, e satana venne anch’egli in mezzo a loro. 7 Il SIGNORE disse a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al SIGNORE: «Dal percorrere la terra e dal passeggiare per essa». 8 Il SIGNORE disse a Satana: «Hai notato il mio servo Giobbe? Non ce n’è un altro sulla terra che come lui sia integro, retto, tema Dio e fugga il male». 9 Satana rispose al SIGNORE: «É forse per nulla che Giobbe teme Dio? 10 Non l’hai forse circondato di un riparo, lui, la sua casa, e tutto quel che possiede? Tu hai benedetto l’opera delle sue mani e il suo bestiame ricopre tutto il paese. 11 Ma stendi un po’ la tua mano, tocca quanto egli possiede, e vedrai se non ti rinnega in faccia!». 12 Il SIGNORE disse a Satana: «Ebbene, tutto quello che possiede è in tuo potere; soltanto non stender la mano sulla sua persona». E Satana si ritirò dalla presenza del SIGNORE.

Giobbe 1,6-12-Versione tratta da “PAROLA del SIGNORE-La Bibbia INTERCOFFESSIONALE”-Approvato dall’Alleanza Biblica Universale (Direzione Europa) e, da parte cattolica, dalla autorità ecclesiastica (Conferenza Episcopale Italiana)-© United Bible Societies 2000

6 Un giorno le creature celesti si presentarono davanti al Signore. e anche Satana andò in mezzo a loro. 7 Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». 8 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». 9 Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? 10 Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. 11 Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». 12 Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.

Giobbe 1,6-12-Versione tratta da Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture-Basata sulla versione inglese del 2013 eseguita dal COMITATO DI TRADUZIONE DELLA BIBBIA DEL NUOVO MONDO con la consultazione delle lingue originali-Stampa luglio 2017-©WATCH TOWER BIBLE AND TRACT SOCIETY OF PENNSYLVANIA

6 Arrivò il giorno in cui i figli del vero Dio si presentarono al cospetto di Geova, e con loro entrò anche Satana. 7 Geova gli chiese: «Da dove vieni?». Satana rispose a Geova: «Dal vagare e dal camminare per la terra». 8 Allora Geova disse a Satana: «Hai notato il mio servitore Giobbe? Non c’è nessuno come lui sulla terra. É un uomo integro e giusto, che teme Dio e si tiene lontano dal male». 9 Satana rispose a Geova: «É forse per nulla che Giobbe teme Dio? 10 Non hai forse messo una siepe intorno a lui, alla sua casa e a ogni cosa he possiede? Hai benedetto l’opera delle sue mani e il suo bestiame è aumentato molto nel paese. 11 Prova invece a stendere la mano e a toccare tutto ciò che ha, e vedrai se non ti maledirà apertamente». 12 Quindi Geova disse a Satana: «Ecco, ogni cosa che ha è nelle tue mani. Bada solo di non toccare lui!» Così Satana si ritirò dalla presenza di Geova.

Giobbe 1,6-12-La versione in ebraico la trovate qui.

Quale Bibbia?

In seguito alle reazioni ricevute sul mio ultimo post riguardante la correlazione tra spiritualità e religione ho deciso, dopo un periodo di pausa più lungo del solito, di scriverne uno dove metto a confronto i testi di varie Bibbie in mio possesso.

Nel tempo ho già scritto alcuni articoli che si occupavano della difficoltà della traduzione. Io stesso nel tradurre il mio libro “Sposta le tue montagne” in inglese non sono riuscito a tradurre alcune espressioni italiane esattamente come le intendevo. Questo perché non è possibile trasporle pienamente, così come molti modi di dire, proprio a causa delle caratteristiche anche culturali della lingua stessa.

Dato che alcune persone nei commenti sulla mia pagina facebook hanno sottolineato che la Bibbia è solo una, nel mio prossimo articolo vi metterò almeno cinque o sei traduzioni dello stesso passaggio in modo che possiate fare voi stessi il confronto.

Tra le altre userò anche una Bibbia definita “interconfessionale”. Questa versione è stata tradotta da un gruppo di persone esponenti di diverse estrazioni cristiane per fare una traduzione che potesse essere in accordo con le varie confessioni rappresentate.

Ovviamente è da sottolineare il fatto che il canone stesso del testo, cioè i testi in esso contenuti, non coincidono nelle diverse diramazioni del cristianesimo e non solo. Per esempio anche se normalmente si dice che l’antico testamento è la Bibbia degli ebrei, in realtà nell’ebraismo non vengono riconosciuti come canonici vari libri inclusi nel testo biblico cattolico dell’antico testamento come Sapienza, Siracide, Baruc, Tobia, Giuditta, 1-2 Maccabei.
Il canone ebraico è seguito anche dai cristiani protestanti che considerano i testi citati apocrifi, quindi non facenti parte del canone biblico.

Esistono una serie di differenze tra le varie confessioni cristiane delle quali non mi occuperò in questa sede. Nel web ci sono un mare d’informazioni al riguardo. 😉

Qui volevo solamente fare alcune riflessioni al riguardo, dato che ci sono varie persone che utilizzano il testo biblico per affermare le proprie ragioni contro chi non la pensa come loro.

Ora, io ho letto tutta la Bibbia. La cosa in sé non è un vanto, ma una constatazione. Tra leggere e studiare ovviamente c’è una differenza. Nonostante io negli anni abbia dedicato molto tempo allo studio del testo biblico e mi sia confrontato anche con persone che conoscono bene il testo originale, ebraico o greco che fosse, non posso affermare di avere la “Verità” sul testo, come invece noto che varie persone fanno.

Esistono spesso anche notevoli differenze sull’utilizzo delle singole parole all’interno delle diverse concezioni cristiane. Un esempio classico è la parola “stauros” che comunemente viene tradotta come “croce”, mentre la comunità dei Testimoni di Geova la traduce come “palo”. Per loro infatti Gesù non è stato crocifisso, ma inchiodato a un palo, facendo così diventare lo stesso segno della croce, così importante per molti, un segno eretico.

Il titolo del mio post “Quale Bibbia?” non vuole essere provocatorio, ma semplicemente una domanda rispetto a quale testo biblico venga utilizzato.

Per esempio mentre normalmente per le traduzioni del pentateuco, la famosa Torah degli ebrei, viene utilizzato dai cristiani il testo definito “masoretico”, esiste anche un “pentateuco samaritano”, cioè degli ebrei samaritani, che pur avendo il testo in ebraico differisce in molti punti dal testo masoretico.

La questione insomma è molto dibattuta e non sono io qui a dirvi quale versione dovete seguire, leggere o utilizzare come guida nella vostra vita.

Posso però dire che se da un lato il testo biblico può portarci a grandi lezioni a livello umano (leggerla tutta secondo me è un’esperienza molto forte), a volte da qualcuno viene utilizzata come una clava per giustificare le proprie opinioni.

La Bibbia ha una storia lunga e complessa. Così come lunga e complessa è la stessa storia del cristianesimo, della sua formazione e della sua affermazione nel mondo, dalla storia di Gesù al riconoscimento del cristianesimo come culto da parte dell’impero romano sotto Costantino, che però si fece battezzare solo in punto di morte, fino ai giorni nostri.

La storia, intesa come materia dello studio del passato per comprendere le origini del presente, è molto affascinante e ci può portare ad avere una visione più ampia del mondo nel quale viviamo, e a volte anche della fede che diciamo di professare. Comprendere come un testo conosciutissimo e considerato da milioni di persone come “parola di Dio” sia stato tradotto e interpretato in modi molto diversi può portarci a capire meglio il testo stesso e la sua influenza nella storia.

Pensavo per il prossimo post di utilizzare, come già scritto, almeno cinque o sei Bibbie diverse come riferimento confrontando per il momento almeno un singolo passaggio per vedere le differenze del testo italiano della traduzione.

Quale Bibbie utilizzerò? Lo scoprirete quando sarà pronto il mio prossimo post. 😉

Spiritualità e religione

Qualche tempo addietro ho trovato su facebook, in un gruppo al quale sono iscritto, un post che utilizzerò come spunto per questo articolo. Il gruppo è uno di quelli dedicati alla spiritualità e alla crescita personale.

In questi gruppi può capitare che ci siano dei post che possono essere motivo di discussione e questo indubbiamente lo è stato. La persona che lo aveva scritto aveva messo un’immagine, che qui non pubblicherò, divisa in due parti:

-nella parte superiore c’era la scritta “involuzione” e varie figure di una persona, come quella classica che vediamo per l’evoluzione darwiniana, che prima è in piedi con le mani giunte, e poi si vede in ginocchio in preghiera, fino all’ultima figura dove si vede la persona prostrata.

-nella parte inferiore si legge “evoluzione” dove vediamo dalla scimmia l’evoluzione fino all’uomo che è in piedi, mentre l’ultima figura sulla destra scaraventa in un bidone i simboli della croce, della mezzaluna e della stella di David.

Potete immaginare come possa avere reagito qualcuno, con un certo stupore dell’autore del post, tra l’altro.

Perché scrivo di questo?

Negli anni mi sono reso conto che a volte chi si trova su un percorso di crescita personale e spirituale considera le persone che si trovano all’interno delle varie religioni con un certo senso di supponenza. Ovviamente non vale per tutti, ma alcuni solo perché “ricercatori spirituali” pensano di essere meglio di cristiani, ebrei e musulmani, per esempio.

Queste persone ritengono che il fatto stesso di essere all’interno di una religione porti le persone a essere “involute”, che solamente su un percorso di crescita personale si possa essere “evoluti”, quindi da questo punto di vista “migliori”.

Dopo oltre venticinque anni di, chiamiamolo così, “percorso spirituale” posso asserire tranquillamente che ci sono persone straordinarie, ed evolute, in ogni religione. Ugualmente posso affermare che anche tra coloro che si dichiarano spirituali ci sono persone meno evolute.

Con questo non dico che chi è all’interno di una religione sia migliore, anzi.

Questo non toglie il fatto che pensare che chi è religioso sia “involuto”, e chi “getta le religioni nella spazzatura”, come l’omino dell’immagine, sia “evoluto”, dimostra secondo me una certa superbia da parte di chi afferma questo punto di vista.

Non tutte le persone religiose ovviamente sono spirituali, perché può capitare che ci siano persone che magari vanno a messa, per esempio, tutte le domeniche, che facciano i sacramenti, ma che poi si comportino in maniera assolutamente contraria ai principi della religione che dicono e a volte credono di professare. Di contro ci possono poi essere persone che si dedicano alla spiritualità, fanno meditazione, ma che poi nella vita di tutti i giorni si comportano come le persone che criticano perché religiose.

In questa sede cito il ricordo di un libro nel quale si raccontava che un maestro spirituale indiano, disturbato nella sua meditazione da alcuni bambini che giocavano, li picchiò ferocemente con un bastone. Insomma un tipo distaccato e molto rilassato… 😉

Torniamo al titolo “Spiritualità e religione”.

La spiritualità ha bisogno della religione? Secondo me no, perché citando il Vangelo “lo spirito soffia dove vuole”, e quindi ci sono persone al di fuori della religione che sono assolutamente straordinarie.

La religione ha bisogno della spiritualità? Secondo me sì, perché solamente con la giusta disposizione e apertura allo spirito la religione può essere pura.

La religione è spirituale? Qui rispondo che dipende.

Nel senso che farei una distinzione tra istituzioni religiose e persone che ne fanno parte.

Ritengo che le religioni siano un tentativo dell’uomo di spiegare l’inspiegabile, Dio, ma così lo sono anche tutte le espressioni di tipo spirituale che possiamo trovare nel mondo. Secondo me l’esperienza spirituale è prettamente personale, ma può anche essere comunitaria, a secondo della forza delle relazioni che si creano all’interno della comunità stessa.

Negli anni ho conosciuto persone straordinarie che erano: cristiane, musulmane, ebree, buddiste, induiste, razionaliste, atee o su qualche percorso spirituale più personale. Negli stessi contesti ne ho conosciute di molto meno belle.

La stessa etimologia della parola “religione” ancora è dibattuta.

Deriverebbe dalla parola “religio” alla quale per esempio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.) dava il senso di ciò che riguarda il culto degli dei, “da relegere, come elegante deriva da eligere (scegliere)”, quindi anche riguardante una scelta personale, mentre  Lattanzio (250-327), che fu ripreso anche da Agostino d’Ippona (354-430), correggendo Cicerone, sostiene: «Con questo vincolo di pietà siamo stretti e legati (religati) a Dio: da ciò prese nome religio, e non secondo l’interpretazione di Cicerone, da relegendo.»

La parola “spiritualità” deriva dal latino spiritualis che deriva da spiritus ossia “spirito“, e anche su questo potremmo scrivere a lungo, sul senso cioè che questo termine rappresenta nelle varie culture e nelle varie religioni, nelle varie filosofie o nelle varie culture.

La spiritualità è un aspetto dell’esistenza che ritengo fondamentale vivere appieno nella propria quotidianità.

Dio però non è di proprietà di nessuna religione, così come non lo è di nessun percorso spirituale.

Cosa significhi poi per diverse persone la parola “Dio” è un tema che affronterò in un altro post. 😉

Dune

Questo articolo si discosta dai temi abituali di questo blog.

Dato che però sono un grande amante del romanzo di Frank Herbert e che ho apprezzato molto la trasposizione cinematografica di Denis Villeneuve ho pensato fosse un tema che valesse la pena affrontare. 😉

Su Arrakis, il pianeta noto anche come Dune, dove si svolge la gran parte del romanzo originale (e degli altri romanzi della saga) ho passato molto tempo. L’ho letto diverse volte in più lingue e indubbiamente si tratta di uno dei miei libri preferiti in assoluto.

Ho visto il film di David Lynch da ragazzo al cinema e credo di avere tutte le edizioni esistenti, inclusa quella di circa tre ore, dove ci sono varie scene escluse dal montaggio finale, oltre ad averlo visto un numero “x elevato alla” di volte. Ho amato il documentario sul lavoro di Alejandro Jodorowsky e il suo fallimento. Ho letto cinque dei sei romanzi della serie originale di Frank Herbert. E mi fermo qui.

Il primo Dune è IL romanzo di fantascienza. Un capolavoro straordinario che ha influenzato tutta la fantascienza successiva. La storia di un ragazzo che diventa il messia che guiderà una guerra santa che sconvolgerà gli assetti dell’impero intergalattico, riuscendo a vedere la moltitudine dei possibili futuri in un continuo richiamo tra filosofia e religione, con una profondità di visione incredibile e la creazione dell’ecologia di un pianeta.

Potrei scrivere a lungo di tutta la saga, ma mi concentrerò invece qui brevemente sul nuovo film, uscito il 16 di settembre in Italia, uno dei primi paesi del mondo dove è stato possibile vederlo al cinema. Gli Stati Uniti, per esempio dovranno aspettare ancora fino al 22 ottobre, mentre in Australia arriverà solamente il 2 di dicembre.

Ho letto, e visto, varie recensioni e non ho la pretesa di dare un punto di vista oggettivo, oppure di criticare quelle che non coincidono con la mia visione. Desidero però riprenderne alcuni punti.

Partiamo da un assunto: A me il film è piaciuto tantissimo. Sono andato tre volte al cinema a vederlo, delle quali una nella versione originale in inglese, dove nei titoli di testa appare la scritta “Dune-Part One”. Già questa scritta da sola sarebbe sufficiente a cancellare varie considerazioni che ho trovato in alcune recensioni, semplicemente perché dicono che il film sembra il preludio ad altro. Il finale, dove uno dei personaggi (Chani, interpretata da Zendaya) dice la frase “Questo è solo l’inizio.” poi sarebbe secondo alcuni forzato, come se non dovesse portare a compimento la storia.

Il regista Denis Villeneuve ha sempre dichiarato che era sua intenzione fare almeno due film tratti dal primo romanzo. Le vicende che vediamo nel film arrivano fino a poco oltre la metà del libro. Tra l’altro il romanzo originale apparve a suo tempo a puntate nella storica rivista di fantascienza Analog (prima Astounding Science Fiction) separato in due parti, “Dune World” e “The Prophet of Dune” tra il 1963 e il 1965. Infatti la prima edizione in volume con il titolo definitivo “Dune” uscì nel 1965.

Il film di Villeneuve per quanto mi riguarda è sontuoso, magnifico, onirico, evocativo, per me un vero e proprio capolavoro, che sinceramente amo di più ogni volta che lo vedo. Non vedo l’ora di rivederlo, ma ormai aspetterò il bluray per questo, anche se Dune è un film da godersi al cinema, proprio per l’esperienza totalizzante.

Ovviamente c’è chi rimarrà deluso, che dirà che il film è lento, che non c’è abbastanza movimento, che si prende troppo sul serio…Questo è Dune, il suo spirito e il suo mondo, dove tutto è solenne, non un film sui Transformers o altre saghe, che si possono anche apprezzare, ma che con la fantascienza adulta della saga hanno poco a che spartire.

Chiunque abbia amato il libro non potrà che vedere l’amore totale per esso, che si nota in ogni inquadratura, in ogni dettaglio. Molte cose lo ho notate di volta in volta e non posso che ammirare il lavoro fatto da Villeneuve e da tutta la troupe di questo film straordinario.

Ho letto commenti di chi dice che il film non è fedele al libro, o che il romanzo rimarrà sempre impossibile da fare, come se già ancora prima di vederlo lo avessero etichettato sapendo che a loro non sarebbe piaciuto. Un punto di vista per me assurdo.

Ci sono alcune (poche) discordanze dal libro, vero, ma non determinano cambiamenti sostanziali per quello che è la storia. A parte il fatto che ovviamente non era secondo me nemmeno auspicabile fare una serie di “spiegoni” su una serie di questioni che in un film di oltre due ore e mezza avrebbero appesantito notevolmente la narrazione.

L’universo di Dune è complesso, con una serie di casate nobiliari, ci sono varie corporazioni delle quali nemmeno si accenna nel film, senza pensare anche alla storia dell’universo stesso, alla sua costruzione a livello filosofico e religioso, o all’ecologia del pianeta Arrakis, per esempio, che nel libro viene spiegata in maniera approfondita. Infatti nel romanzo c’è anche un glossario dei termini utilizzati e ci sono approfondimenti su varie cose, oltre a una cartina di Arrakis. Insomma di carne al fuoco ce ne sarebbe tantissima.

Il linguaggio cinematografico ovviamente è diverso da quello scritto e ritengo difficile poter riuscire a trasporre molteplici aspetti che andranno persi inevitabilmente. In questo film però ci sono una serie d’indizi in molte frasi, in dettagli, in immagini che passano che portano chi conosce la saga a riconoscerli. Come i bassorilievi contemplati da Paul Atreides su Arrakis, per esempio, oppure, come ho già scritto, nella frasi che si sentono durante le sue visioni.

Molte delle componenti dell’universo di Dune sono solo accennati, a volte nemmeno nominati. Per capirne la complessità vi metto qui un link (in inglese) di vari termini utilizzati nella saga.

Un esempio è la datazione della storia che appare all’inizio del film: 10191.

L’anno però non è riferito alla nascita di Cristo, ma da quello che viene definito Jihad Butleriano, una grande rivolta contro le macchine dotate d’intelligenza artificiale, che portò alla loro distruzione e al divieto assoluto di utilizzarle, portando così una serie di problematiche legate alle necessità dei calcoli necessari al volo spaziale e molto altro. Questo portò così alla ricerca del limite delle capacità umane, che portò ai mentat, i computer umani. Nel film se ne vedono alcuni, Thufir Hawat, fedele servitore della casa Atreides, e Piter de Vries, della casata Harkonnen.

Desidero sottolineare che questo è solamente un esempio riferito al libro.

Dune è un romanzo del quale potrei elencarvi decine di personaggi, da Paul Atreides a Lady Jessica, da Duncan Idaho a Gurney Halleck, dal barone Vladimir Harkonnen all’imperatore Padiscià Shaddam IV, e molti altri.

Se volete un commento approfondito e coerente con quelle che sono le mie opinioni sul film vi metto questo link, dove trovate quello che per me è un ottimo articolo.

Un cast stellare con Timothy Chalamet, Oscar Isaac, Rebecca Fergusson, Stellan Skarsgard, Dave Bautista, Jason Momoa, Josh Brolin e Zendaya tra gli altri, ci porta negli intrighi dell’imperatore e nella faida tra le casate degli Atreides e degli Harkonnen, senza dimenticare la Sorellanza Bene Gesserit che da millenni cerca di selezionare le linee genetiche per creare l’essere supremo, il Kwisatz Haderach, colui che con il suo sguardo dominerà il tempo.

Come già scritto ogni dettaglio di questo film trasuda amore per il romanzo di Frank Herbert, un capolavoro immancabile nella biblioteca di qualsiasi amante della fantascienza e non solo.

Ormai al cinema i film rimangono circa un mese e quindi molti di voi potrebbero averlo perso, ma non posso che consigliarlo con tutto il cuore.

Potrebbe essere che io sia di parte, perché negli anni ho passato parte del mio tempo su Arrakis, ma quello che scrivo vuole solo sottolineare una volta in più l’amore per un’opera che a mio modo di vedere chiunque dovrebbe conoscere e avere all’interno del proprio immaginario.

Buona visione. Oppure buona lettura. 🙂

Biohacking e tradizione

Qual è la relazione tra il biohacking e alcune tradizioni millenarie?

Alcuni di voi probabilmente hanno sentito parlare del biohacking. Di cosa si tratta esattamente?

Riprendo una definizione che secondo me è calzante dal sito scienzemotorie.com:

Biohacking è essenzialmente la pratica di cambiare la nostra chimica e la nostra fisiologia attraverso la scienza e l’auto-sperimentazione.”

Un biohacker quindi sperimenta su se stesso tecniche di vario tipo (incluse quelle di respirazione), device, alimentazione, integratori, per modificare il proprio corpo, per una maggiore resa a livello fisico e mentale. Di fondo chiunque modifichi il suo stile di vita per avere una maggiore salute e un maggiore focus mentale, sta facendo biohacking.

Si può attuarlo modificando molti aspetti della propria vita, sempre in funzione di una migliore resa, un migliore benessere generale. Come avrete capito io stesso da tempo mi sto interessando alla tematica. Sono da sempre interessato alla crescita personale e ritengo l’aspetto prettamente fisico, che viene a volte snobbato da chi è interessato alla crescita spirituale, fondamentale per un benessere reale.

Corpo, mente e spirito devono essere in sintonia per darci la possibilità di stare nel modo migliore possibile.

Come potete capire alcune delle problematiche fisiche che abbiamo possono limitare in maniera anche importante il nostro benessere. Per quanto mi riguarda quindi il biohacking è una tematica che chiunque desideri stare meglio dovrebbe prendere in considerazione.

A volte le nostre abitudini non sono sane, e magari potremmo anche saperlo, ma potremmo non modificare il nostro modo d’agire. Un cambio d’approccio mentale, di mindsetting, ci può portare invece a un radicale miglioramento del nostro stato vitale.

Io stesso sto facendo varie prove su me stesso e devo dire che sto ottenendo risultati interessanti, ma che non sono il focus di questo articolo.

Infatti nel titolo cito “biohacking e tradizione”.

Alcuni degli autori considerati come “guide” da molti biohacker citano tra le proprie influenze tradizioni millenarie come lo Yoga. L’esempio che ritengo più calzante è indubbiamente quello di Wim Hof, al quale ho dedicato tempo addietro un articolo, definito l'”uomo del ghiaccio”.

Chi è Wim Hof? Questo personaggio incredibile ha utilizzato negli anni tecniche di respirazione Yoga, che portano a un’ossigenazione maggiore del sangue, e tecniche di controllo mentale, sempre Yoga, per arrivare a controllare il sistema nervoso autonomo e imparare a regolare la propria temperatura corporea.

Questa cosa fino a qualche tempo addietro veniva considerata impossibile. Trovate in rete sia video e sia articoli sugli staff medici che hanno seguito e studiato Wim Hof per certificare la veridicità scientifica delle sue capacità considerate da molti sovraumane. Immaginate un uomo che viene sommerso dal ghiaccio per ore e che prende il controllo della sua temperatura corporea mentre medici stupefatti verificano la sua temperatura, in condizioni nelle quali una persona normale sarebbe in ipotermia.

Io stesso ho seguito alcuni suoi corsi online e posso affermare tranquillamente che hanno cambiato radicalmente la mia relazione con il freddo, arrivando nel tempo anche a fare docce gelate lunghe dieci minuti, uno degli obiettivi, ovviamente graduali, che vengono da lui posti nei vari corsi. Utilizzando tecniche di respirazione Yoga che sono parte della tradizione millenario.

In definitiva, per quanto mi riguarda, chi desidera sperimentare determinate cose a livello fisico può trovare nella tradizione millenaria di discipline come lo Yoga o il Qicong le tecniche che possono fare la differenza.

Io pratico Yoga da anni e posso assicurarvi che anche solamente la consapevolizzazione del nostro respiro può cambiare radicalmente la nostra vita. Anche questo può essere considerato biohacking.

Pensate, per esempio, al Pranayama e al Qicong, che entrambi possono essere tradotti letteralmente come “controllo della forza vitale”. (Da Prana-forza vitale e Yama-controllo in sanscrito e Qi-forza vitale e Cong-controllo in cinese.)

Essenzialmente sono tecniche, che esistono da millenni, con le quali i praticanti possono imparare a modificare in maniera consapevole le reazioni del proprio fisico in condizioni anche estreme. Ovviamente nel contesto occidentale spesso ci focalizziamo solo sugli aspetti più conosciuti al grande pubblico, cioè quello della meditazione e del rilassamento, che però in molti casi non sono l’obiettivo del praticante, ma delle conseguenze della pratica.

In molti corsi di Yoga per principianti non si accenna nemmeno a quelle che vengono definite “siddhi”, che qualcuno definisce come “poteri”, che chi pratica Yoga potrebbe raggiungere. Queste non solo per questioni diciamo teologiche, ma anche per le problematiche che le persone normali hanno nella propria vita quotidiana.

Aspirare a determinati “poteri” avendo una serie di cose fisiche, emotive e psicologiche da risolvere sarebbe impensabile, proprio a causa della dimensione stressante nella quale molte persone vivono.

Forse vi sarà capitato di leggere articoli, o di avere visto video, su Yoghi che riescono a rallentare il proprio battito cardiaco attraverso l’uso della mente, a rallentare il proprio metabolismo, e a fare cose considerate, del resto come quelle che fa Wim Hof, impossibili per l’essere umano.

In realtà la scienza stessa ci sta dimostrando che le capacità dell’essere umano possono superare di gran lunga le aspettative e l’immaginazione della persona media, che spesso è rassegnata a un fato che ritiene inevitabile.

Molti biohacker utilizzano una modalità scientifica per sperimentare sul proprio corpo metodi e tecniche che possano aumentare lo stato di benessere fisico e psicologico e così poter aumentare anche le proprie prestazioni nei campi più disparati.

Facciamo un esempio concreto del quale avrete sentito parlare: Esistono le famose gare di triathlon moderno, definite “Iron Man”, dove i partecipanti fanno 3,8km di nuoto, 180km di bicicletta e 42km ca. (la classica maratona) di corsa. I migliori atleti arrivano a fare tutto questo in meno di 8 ore di seguito. Credete che il loro approccio nei confronti dell’alimentazione e di tutte le altre questioni che riguardano la salute fisica sia equiparabile a chi finisce le sue serate sul divano a mangiare patatine?

Ora, anch’io a volte mi guardo qualche film sul divano, e mi piacciono anche le patatine, ma non è la singola serata che determina la qualità generale della nostra vita. Le nostre abitudini forgiano il nostro destino sia a livello metale e sia a livello fisico.

Tecniche di respirazione come quelle presenti nello Yoga o nel Qicong vi consentono di migliorare l’ossigenazione del vostro sangue e sono quindi una benedizione per le vostre cellule che così riescono a lavorare meglio.

In questo articolo ho scritto poco del Qicong, ma è un tema per il quale potrei scrivere pagine e pagine sfiorandone solamente la superficie, tenendo in considerazione anche lo stretto legame che il Qicong ha con la medicina tradizionale cinese che ci dice che il nostro corpo ha al suo interno una serie di “canali energetici”, definiti meridiani, che possono esser stimolati per rafforzare la nostra forza vitale e così lavorare direttamente sulla nostra salute. (Anche nella visione indiana c’è un concetto simile e i “meridiani” vengono chiamati “nadi”.)

Nella tradizione cinese si parla dell’aumento della longevità grazie all’utilizzo consapevole della propria forza vitale, del Qi, così come in India molte sono le leggende di Yoghi che hanno vissuto molto a lungo.

A parte alcune storie che possiamo considerare leggendarie però c’è un dato oggettivo, e cioè che molte persone che hanno raggiunto risultati straordinari, che potremmo anche definire biohacker, hanno utilizzato tecniche di controllo del respiro e mentale presenti in tradizioni millenarie, dimostrando così a livello scientifico la possibilità di realizzare cose considerate fino a poco tempo fa impossibili.

Pensate, per esempio, che il record del mondo di apnea statica sott’acqua, che appartiene attualmente al croato Budimir Šobat Buda, è di 24 minuti e 33 secondi.

In questo articolo ovviamente scrivo di casi limite, di situazioni che hanno necessitato di anni di preparazione per essere raggiunte, ma li cito proprio per farvi ragionare sulle possibilità che abbiamo come esseri umani.

Forse non raggiungeremo questi record, e non è questo lo spunto che voglio darvi, ma abbiamo la concreta possibilità attraverso un’attenzione consapevole sulle nostre abitudini mentali, fisiche e d’alimentazione di aumentare in maniera importante il nostro benessere. Il che non è poco, anzi.

Il biohacking e l’insieme delle tecniche di tradizione millenaria possono aiutarci a stare meglio, portandoci a essere più sani e con un’aspettativa di vita maggiore.

Dave Asprey, forse il biohacker più noto, dichiara che vuole dimostrare di poter vivere sano fino ai 180 anni. Magari non ci arriva, ma cambiando certi aspetti della nostra vita noi stessi possiamo aumentare la nostra aspettativa di vita e la nostra salute.

La vita può essere un viaggio straordinario. Un corpo in salute ci facilita sicuramente in questo viaggio. 😉

Riflessioni

Scrivo un articolo dopo quasi un mese, senza avere preparato una scaletta o un tema, ma semplicemente per esprimere poche riflessioni su quello che significa avere un blog.

Non essendo un blogger professionista e avendo mille impegni al di fuori di questo sito, tra lavoro, famiglia e passioni varie, ho pensato che sarebbe interessante cambiare modalità di relazione con il mio pubblico.

Mi spiego: Ho mille idee e tanti articoli per la testa e sicuramente il mio desiderio è quello di contribuire il più possibile al benessere delle persone. Di certo però non ho la pretesa di dare risposte definitive sulla vita, sul mondo e sulla realtà, ma l’intenzione di mostrare il mio punto di vista.

La mia vita è vissuta in maniera straordinaria, con una gioia che faccio fatica a descrivere a parole, e così cerco di trasmettere come posso quello che riesco. Mi piace l’idea di poter contribuire a mantenere alto il fuoco della speranza, di trasmettere idee che possano in qualche modo portare a riflessioni che possano migliorare la vita di coloro che mi seguono.

Quindi questo post si rivolge a chi legge con una domanda che può portare questo blog a un altro livello, anche di condivisione.

Di cosa volete che scriva?

Ho scritto di percezione della realtà, di speranza, ho raccontato storie di grandi personaggi, ho pubblicato articoli riguardanti la meditazione e la crescita personale…A volte però ci sono temi precisi sui quali le persone desiderano un punto di vista diverso, un’opinione altrui.

Certo, ci sono mille temi sui quali comunque tornerò. Quando poi avrò la possibilità di seguire il blog con maggiore assiduità, anche gli articoli saranno più frequenti. Intanto però vi chiedo un contributo per dare qualche spunto di riflessione a me e ad altre persone che potrebbero essere interessate.

Chi ha letto il mio libro “Sposta le tue montagne”, edito da Anima Edizioni, conosce già una parte delle mie idee, e nel caso non lo aveste fatto v’invito a leggerlo, ma sarebbe bello condividerne molte altre.

Un caro saluto a voi lettori e un abbraccio forte. 😉

Squarci di beatitudine

Ho studiato per anni, e studio, le varie religioni, e non solo.
Tra le altre cose ho frequentato per quattro anni una scuola per insegnanti di Hatha Yoga conseguendo il relativo attestato. Ho deciso di rinunciare all’insegnamento dello Yoga per una serie di motivi, che qui però non affronto, ma ho pensato che potesse essere interessante per voi leggere la tesi sulla sequenza da me preparata per il mio esame. Tralascio la sequenza pratica e relativa analisi (che sarebbero 16 pagine), e vi lascio l’introduzione e l’analisi della tecnica da me presentata.

L’avevo già pubblicata anni addietro in un blog sul quale scrivevo. Se vi dovesse capitare di fare una ricerca e di trovare l’articolo in questione vi ricordo che è sempre farina del mio sacco. 😉

A ogni modo alcuni passi potrebbero risultare oscuri a chi non ha conoscenze sul tema, ma chi volesse può contattarmi per avere chiarimenti al riguardo. Alcune tecniche non vengono descritte in maniera approfondita, perché nella tesi, rivolgendomi agli esaminatori, non era necessario, trattandosi di tecniche utilizzate abitualmente da chi pratica Yoga da diversi anni.

(Kriya vuol dire “azione”, ma viene spesso inteso come “azione purificatrice”.)

NB: Non sono da confondere le tecniche di Kriya Yoga alle quali mi riferisco in questo post, insegnate da Swami Satyananda Saraswati, con il Kriya Yoga descritto da Paramahansa Yogananda nella sua autobiografia.

SHAMBHAVI KRIYA

Introduzione:
La pratica dello Yoga può portare ad autentiche folgorazioni, esperienze difficilmente trasmissibili a parole. Il praticante può arrivare a provare stati di coscienza molto elevati, raggiungendo a volte l’autentica beatitudine, Ananda.
Sono momenti che aprono le porte ad un nuovo modo di vedere le cose, il mondo, lo Yoga. Sono squarci d’Assoluto non spiegabili razionalmente.
La scelta di portare una sequenza che sviluppi questo Kriya è nata dall’esperienza, per me straordinaria, vissuta quando durante l’annualità di Kriya Yoga lo abbiamo sperimentato per la prima volta. Ho provato una gioia indescrivibile.
Dopo la pratica abbiamo parlato degli effetti di Shambhavi Kriya e mi sono reso conto che ero stato l’unico a provare questa gioia, questa felicità. E ho compreso che la vera scienza, Vidya, dello Yoga può portare il praticante molto più in là di quello che è in grado d’immaginare nella sua più sfrenata fantasia.
Così quando si è trattato di decidere quale tema portare all’esame ho sentito dentro di me una spinta a lavorare sul presente Kriya. Ho provato piacere nel scegliere il tema e nel lavorarci, così come mi auguro possa portarne a chi avrà modo di praticare la sequenza.
*: Shambhavi è uno dei nomi attribuiti a Parvati, e nei testi da me ritrovati sul web viene definita con questo termine come madre del mondo. Normalmente però il termine viene relazionato maggiormente a Shambhavi Mudra sulla quale genesi ci sono varie storie.
Shambhavi viene definita la consorte di Shambhava, altro nome di Shiva, il quale termine viene da Shambhu, che significa trascendente, senza pensiero, nato con la pace in sè.
Interessante notare poi che secondo alcune tradizioni del lamaismo tibetano, questo sarebbe stato fondato da un monaco chiamato Shambhava Padma, nato da un fior di loto. Avendo il buddismo tantrico tibetano e lo Hatha Yoga grosse analogie come più volte ribadito soprattutto nei seminari estivi, ho trovato la cosa importante da menzionare.

Analisi del Kriya:
Shambhavi Kriya fa parte dei venti Kriya*, da noi studiati nella relativa annualità, dove vengono eseguiti dei circuiti mentali che hanno una relazione diretta con l’Assoluto.
Ognuno di questi circuiti, che rappresentano un’analogia tra macrocosmo e microcosmo, ha un potere enorme. Sono dei percorsi privilegiati per l’espressione delle forze cosmiche. Questi sono pre-esistenti in noi, e così possiamo riattivarli con un’azione consapevole attraverso l’utilizzo dell’attenzione, Jagrat, usando la potenza della volontà, Iccha Shakti. Risulta così chiaro che questa riattivazione, quando realizzata, porterà a lavorare con il Prana Cosmico che è innumerevoli volte più potente del prana umano.
(La cosa in realtà ovviamente non è così semplice. Questo anche perché la relazione con lo Yoga, le relative tecniche, così come i tempi per realizzarle, sono troppo personali.)
Il presente Kriya riprende l’analogia tra il Merudanda, l’asse del cosmo, e la colonna vertebrale, l’asse terrestre, presente in ogni essere umano.
Interessante notare l’aspetto simbolico del fiore di loto che in questo caso visualizziamo nella localizzazione simbolica del Sahasrara, il settimo centro.
Sahasrara (“dai mille petali”), come studiato nell’annualità di Kundalini Yoga, non è un chakra, ma essendo ricollegato a livello di analogia micro-macrocosmica al pianeta Saturno, il signore del Tempo, generatore del Serpente cosmico, si trova all’esterno del tempo stesso e del conosciuto, quindi in una sfera che è al di fuori della coscienza ordinaria, e di tutti gli stati di coscienza elevati.
Sahasrara È nell’aldilà, in una sfera trascendente.
Come sappiamo il loto raffigura la purezza che si staglia oltre la palude dove affonda le radici, proprio come Sahasrara è oltre il corpo grossolano. Nell’attribuzione di Shambhavi Kriya le radici bianche (che rappresentano comunque la purezza delle fondamenta ) si espandono da Muladhara (“il fondamento della radice”) e lo stelo verde del fior di loto parte sottile da questo chakra attraversando la colonna vertebrale e parte del cranio per poi arrivare alla corolla rosa collocata, come abbiamo detto, sulla sommità della testa in Sahasrara.
Nella tradizione indiana il loto rosa è “il loto supremo”, quello riservato alle creature divine, mentre un’altra attribuzione simbolica viene data allo stelo che può essere piegato facilmente, ma è molto duro da spezzare a causa delle sue fibre fittamente intrecciate. Il suo colore verde (colore presente anche nella bandiera indiana) rappresenta la prosperità.
Teniamo il Khechari Mudra, che sarà fondamentale nel ritorno, respirando in Ujjayi.
L’Ujjayi (lett.:”grido di vittoria che va in alto”, ma anche “grido del vincitore”), che realizziamo con una chiusura parziale dell’epiglotide, pone sotto controllo della mente volontaria (come studiato nell’annualità di Prana Vidya) le fasi respiratorie naturali, e riporta il praticante a centrarsi.
Distaccandoci dal mondo esterno e slegandoci dagli organi di senso a occhi chiusi, inspiriamo partendo dalle radici e risalendo nell’inspiro all’interno dello stelo fino a raggiungere Sahasrara. La nostra colonna vertebrale diventa così il collegamento tra il livello grossolano e lo stato trascendente.
In Sahasrara alla fine dell’inspiro facciamo una ritenzione a pieno e vediamo il bocciolo che si apre e si chiude varie volte diventando un bellissimo fiore di loto, fino a quando il nostro respiro non richiede l’espiro.
Questo movimento del fiore ha una notevole potenza.
La ritenzione a pieno rappresenta il contatto con l’esterno. In questo caso addirittura, essendo la nostra attenzione focalizzata prevalentemente sul loto, siamo in contatto con l’assoluto, con il centro che ci porta al contatto con il tutto. L’apertura e la chiusura del fiore poi oltretutto rappresentano nella ritenzione a pieno una forma di “respirazione” non fisica, ma pranica, in relazione cioè con il Prana Cosmico.
L’apertura rappresenta l’inspiro pranico e la chiusura l’espiro pranico che essendo localizzato in questo caso in Sahasrara ci porta nelle condizioni di entrare, se il Kriya è eseguito correttamente, in una condizione cosmica, che porta a far sì che l’Amrita, l’ambrosia, il nettare degli Dei, ci nutra.
Il Khechari mudra, con la lingua rivolta verso il palato molle impedisce la discesa dell’Amrita verso il fuoco gastrico dove verrebbe bruciata, mentre così siamo in grado di trattenerla. (Questo mudra, così come tutto ciò che riguarda l’Amrita, sarebbe un aspetto da approfondire, tenendo poi conto che noi occidentali non arriviamo a seguire in tal senso compiutamente le prescrizioni contenute nella Gheranda Samhita e nell’Hatha Yoga Pradipika. Questo per ovvi motivi.)
Durante l’espiro scendiamo all’interno dello stelo fino a Muladhara dove sospendiamo il respiro per visualizzare le radici, veicolando così questo contatto raggiunto con l’Assoluto fino a portarlo compiutamente nel mondo, per portare il regno dei cieli sulla terra.
(Questo anche se nella coscienza di chi è consapevole e cosciente dell’unione trascendente di ogni cosa, tutto ciò che esiste è il Brahman, l’Assoluto. Nello stato di coscienza ordinario però la maggior parte delle persone ne hanno perso la consapevolezza, anche se nel proprio inconscio comunque conoscono la verità. In Prajna Sthana, la condizione di sonno senza sogni, tutti hanno l’esperienza dell’Assoluto.)
Da Sahasrara, nell’aldilà, dal cosmo, riportiamo in noi attraverso il nostro “Merudanda” la potenza generatrice del Prana Cosmico nel mondo, radicandola attraverso delle bianche radici nel nostro piano materiale con la purezza che gli è consona. Per portare a noi la vera Vita.

*La sequenza originale è stata creata (oppure come dice lui “ricevuta durante una meditazione profonda” da Swami Satyananda Saraswati).

Gnosi ed esperienza mistica

In seguito alle polemiche e agli attacchi ricevuti dai miei due ultimi post mi sono preso un periodo di riflessione per quanto riguarda i contenuti del mio blog. Così ho deciso di concentrarmi maggiormente sull’aspetto che a me preme maggiormente esprimere: quello della dimensione spirituale della propria esistenza.

Credo che sia però necessario avere la consapevolezza del mondo concreto e quindi alternerò articoli riguardanti tematiche specificamente dedicati alla spiritualità e altri dove farò le mie considerazioni su tematiche di vario genere, dal punto di vista sociale e non solo.

Inizio però questo post dedicato a un tema che dal titolo potrebbe risultare impegnativo facendo una considerazione che ritengo fondamentale sottolineare: Quella che viene definita crescita spirituale non può essere sradicata dal mondo concreto, perché altrimenti diventa solamente un altro modo di fuggire dalla realtà.

Negli anni ho conosciuto persone che dopo esperienze di carattere mistico erano andate completamente fuori di testa. Proprio per questo nelle varie tradizioni le tecniche che possono portare a esperienze di questo genere vengono insegnate solamente dopo un percorso di crescita personale che possa portare la persona a contestualizzare la propria esperienza.

L’esperienza mistica è presente sia nelle varie religioni e sia nelle diverse tradizioni di carattere esoterico.

La parola “esoterico” viene dal greco antico ἐσωτερικός (esotericós), derivato da ἐσώτερος (esóteros, interiore), contrapposto a exoteros (esteriore). 

L'”esoterismo” viene normalmente considerato la “conoscenza nascosta”, e si parla apertamente di “conoscenza esoterica”, mentre la componente esteriore, come i vari riti religiosi, vengono considerati componenti “essoteriche”.

Se ci pensate anche Gesù stesso nei Vangeli parla attraverso le parabole alle persone comuni, quindi dal punto di vista “essoterico”, mentre poi ai propri discepoli dà un altro tipo d’insegnamento più profondo sulle stesse tematiche.

Perché scrivo nel titolo di gnosi? La gnosi è la conoscenza esperienziale, non speculativa, e quindi l’esperienza mistica in quanto tale è una forma di gnosi, che ci porta alla comprensione di qualcosa attraverso l’esperienza diretta.

Essendo però l’esperienza mistica molto spesso un’esperienza di carattere esclusivamente personale questa difficilmente può essere trasmessa in maniera compiuta. Questo sia a causa dei limiti di chi ha avuto l’esperienza, che può trasmetterla solamente attraverso l’uso delle parole, a loro volte limitate, quello che ha vissuto, e sia per i limiti di chi ne sente parlare, perché pone i propri limiti e i propri filtri come mezzo attraverso il quale cercare di comprendere l’esperienza in sé.

Qualcuno si potrebbe chiedere perché ho scritto che spesso si tratta di un’esperienza esclusivamente personale e non sempre. Pur essendo l’esperienza comunque di carattere personale, nel momento nel quale colui che ha l’esperienza mistica vede cose e situazioni che sono già state sperimentate all’interno di una determinata tradizione, questa non può più essere considerata un’esperienza esclusivamente personale.

Faccio l’esempio della tradizione cabalistica dove più volte ho avuto modo di constatare io stesso che persone diverse, me incluso, avevano visto le stesse cose, senza prima essere messe a conoscenza di quello che avrebbero potuto vedere o sentire.

Normalmente di questo si parla solamente in circoli ristretti di persone che vengono iniziate a determinate cose. Qui invece desidero scriverne più apertamente semplicemente perché ritengo fondamentale nella vita di ogni persona la consapevolezza della propria dimensione spirituale.

Dalla mia esperienza personale posso dire che solamente dopo avere avuto alcune esperienze, che posso solo definire mistiche, ho raggiunto una comprensione del mio essere che non avrei potuto avere altrimenti e che mi portano una serenità e una gioia interiore che precedentemente mi sembravano impossibili.

Spesso si parla della limitatezza dell’essere umano, della sofferenza che è considerata inevitabile nella vita, mentre quando si hanno certe esperienze diventa impossibile non avere determinate certezze che ti guidano nella vita.

La gioia interiore che provo costantemente è conseguenza di un percorso spirituale che mi ha portato a vivere cose che avrei ritenuto impossibili prima, ma non solo. Questo non elimina i problemi presenti nella vita quotidiana, ma li pone in una prospettiva diversa, dove le difficoltà diventano un’opportunità per la crescita interiore e non solamente un ostacolo.

Nel mio libro “Sposta le tue montagne” ho scritto di una di queste esperienze, ma non è stata l’unica che ho avuto modo di sperimentare negli anni.

La nostra coscienza può raggiungere degli stati di assoluta beatitudine, definita nella tradizione indiana “ananda”.

Spesso infatti nella tradizione indiana si parla di “Sat-Cit-Ananda”, letteralmente “Essere-Coscienza-Beatitudine”, dove questa triade rappresenta la piena realizzazione, perché solamente raggiungendo il puro stato dell'”essere” nella propria “coscienza” si può raggiungere la “beatitudine”.

Negli anni nei quali ho frequentato la scuola per diventare insegnante di Yoga ho avuto modo di lavorare su varie tecniche molto potenti che possono portare il praticante a stati di coscienza elevatissimi.

In questo però esistono dei rischi che secondo me sono da sottolineare, perché se la persona che ha avuto l’esperienza non è radicata nel mondo può cadere in quello che viene definito “delirio di onnipotenza”, oppure nello stato opposto, di chi avendo avuto un’esperienza di carattere mistico si sente completamente fuori posto nel mondo materiale.

Ritengo invece necessario sottolineare il fatto che chiunque sia su un percorso di crescita spirituale debba essere consapevole che è solamente “materializzando lo spirito” che possiamo “spiritualizzare la materia”. Per questo nel mio libro sottolineo l’importanza di quella che viene anche chiamata “via discendente”, dallo spirito alla materia, perché troppo spesso le persone che cercano la propria dimensione spirituale cercano solamente la “via ascendente”, per raggiungere le vette dello spirito.

Spirito e materia devono essere vissuti come un’unità, perché altrimenti la nostra coscienza tenderà a separare le esperienze senza ricordare che in tutte le tradizioni, quella cristiana compresa, si cerca l’esperienza dell’assoluto.

Siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, come gocce nell’Oceano.

La goccia non può avere la consapevolezza dell’Oceano tutto, ma essendo della stessa sostanza ne ha le stesse caratteristiche, e quindi in potenza le stesse possibilità.

Qui d’ora in avanti scriverò anche di questo, partendo dalle diverse tradizioni, o dalle mie esperienze personali, per raccontare il viaggio della coscienza.

Esperimento social

L’ultimo post che ho pubblicato ha suscitato nel pubblico che lo ha letto una serie di polemiche e non solo. In realtà il motivo è stato anche conseguenza di una mia scelta in funzione di un esperimento social che ho voluto fare.

Gli articoli del mio blog nel tempo hanno raggiunto decine di migliaia di persone, attraverso anche la mia pagina facebook dove metto i link dei vari post. Alcuni hanno avuto un discreto successo grazie alle condivisioni fatte da persone varie, che ringrazio. In questo caso ho deciso di fare un post sponsorizzato sulla mia pagina facebook.

La cosa interessante nella sponsorizzazione di un qualsiasi post è che si può decidere il target delle persone con una certa precisione. Basta mettere dei riferimenti del tipo di pubblico che si desidera possa leggere il nostro articolo che appare come post suggerito. Si possono mettere i temi di riferimento, a seconda dell’intenzione che abbiamo. Di conseguenza l’algoritmo deciderà, a seconda dei like lasciati nel tempo dai vari utenti di facebook, a chi apparirà il post.

In cosa consisteva l’esperimento? Abbastanza semplicemente ho aggiunto nel tipo di pubblico alcune voci che elencherò più avanti.

Oltre ai vari insulti, accuse ridicole e quant’altro, per la prima volta ho ricevuto una minaccia di morte. Da un profilo fake, da un troll, che ho bloccato senza colpo ferire, quindi senza reale peso. Ma tant’è. Ovviamente in questo caso la minaccia non è attendibile per una serie di motivi, ma la cosa della quale voglio scrivervi in questo post è un invito ad alcune riflessioni sulle dinamiche dei social media.

Nei social ci sono persone che scrivono cose veramente pesanti, a volte commentando solamente dal titolo. In altre fraintendendo completamente il senso di quello che l’autore scrive. Oppure insultandolo perché ha un altro punto di vista.

In questo caso, con l’articolo sul ddl Zan, ho raggiunto oltre tremila persone con varie centinaia d’interazioni sia per quanto riguarda la lettura del post e sia per commenti sul post della mia pagina facebook.

Quali sono i temi che ho messo per scegliere il mio pubblico in questo caso?

Oltre alla comunità LGBT, che ovviamente è a favore del ddl Zan, ho messo tre voci che qui elenco:

-Autoconsapevolezza

-Diritti umani

-Diritti delle donne

In teoria chi s’interessa dei diritti umani dovrebbe esserlo per ogni singolo essere umano, a prescindere da altri fattori. Chi s’interessa dei diritti delle donne dovrebbe essere una persona che ha una certa sensibilità. Coloro poi che cercano l’autoconsapevolezza dovrebbero essere su di un percorso di crescita personale che allarga i loro orizzonti mentali.

In realtà degli attacchi così veementi contro un autore semisconosciuto al grande pubblico, solo perché ha scritto che l’amore cristiano dovrebbe trascendere anche le differenze di genere, dimostrano che le discriminazioni esistono, eccome. Purtroppo anche da parte di un pubblico che si dichiara in teoria a favore del miglioramento del genere umano.

Sono stato accusato, scrivendo che il ddl Zan non va contro la libertà di pensiero, di difendere la pedofilia, di essere contro i diritti delle donne, di fare parte delle pecore che vogliono portare la teoria gender a dominare. Oltre al fatto di essere considerato omosessuale da qualcuno, che probabilmente non è in grado di comprendere che un eterosessuale può difenderne i diritti.

Nel tempo mi sono reso conto che una parte del pubblico che si occupa delle tematiche della crescita personale pretende di avere ragione a prescindere, insultando chiunque non la pensi come loro. Che si tratti del ddl Zan, della pandemia, di temi alchemici o quant’altro.

Questo cosa è abbastanza triste dal mio punto di vista.

Se avessi voluto avere solo feedback positivi avrei praticamente dovuto rivolgermi solo ed esclusivamente alla comunità LGBT.

Trovare post su gruppi che si occupano di meditazione pieni d’insulti a Papa Francesco, per esempio, oppure pieni di rabbia e livore contro politici, persone di altre religioni oppure omosessuali, dimostra secondo me che la meditazione in questo caso non è stata utile a queste persone. Ripeto: Non scrivo di pagine di movimenti politici, ma di gruppi dedicati alla meditazione, alla crescita personale e spirituale…

Ho notato che ci sono autori anche nel mondo motivazionale che cavalcano una determinata onda che scrivono di risveglio della coscienza, ma accusano il mondo esterno in maniera anche pesante, soprattutto tutti coloro che non rispecchiano il loro punto di vista.

Con questo blog mi ero ripromesso di scrivere di speranza, cosa che ho fatto in più riprese, e di dare momenti di riflessione e di condivisione alle persone che mi seguono. Continuerò a farlo, indubbiamente.

A maggior ragione però capisco tutti i ragazzi, con i quali a volte mi confronto, che non usano facebook e preferiscono Instagram e Tik Tok.

Facebook dai giovani viene visto come un social per vecchi. Vecchi che si sbranano per avere ragione, mentre i ragazzi in gran parte sono molto più avanti di noi come mentalità. La maggior parte di loro non comprende la discriminazione e vive in una realtà che di fatto è già multirazziale e accettano la diversità come un fatto naturale.

Qualcuno obbietterà perché certi giovani non sono come li ho descritti. Certo. Ma pensiamo alla generazione della quale facciamo parte. Come c’infastidiva da giovani essere messi in un calderone con personaggi con i quali avevamo poco da spartire.

Ho speranza nei giovani di oggi. Nessuno di coloro che mi ha scritto cose pesanti era giovane. Erano tutti sopra i 50.

Una delle cose che posso affermare a seguito di questo esperimento social è quello che i giovani in genere sono più aperti mentalmente di quelli della mia generazione, e probabilmente anche della vostra.