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L’unione degli opposti

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Nell’era contemporanea il dibattito sull’identità di genere ha raggiunto un’intensità senza precedenti, con tutte le conseguenze del caso.

Tuttavia, mentre la società moderna si interroga su come conciliare queste tematiche con le strutture sociali e culturali esistenti, è possibile trovare radici profonde e antiche di queste riflessioni nelle tradizioni spirituali e filosofiche di diverse culture. Attraverso una lente spirituale, il concetto di genere si trasforma, diventando un ponte verso una comprensione più ampia dell’unità degli opposti e della natura trascendente dello spirito.

Nella tradizione induista, per esempio, Ardhanarishwara, che vedete nell’immagine in evidenza per questo articolo, rappresenta una delle più potenti espressioni dell’unità tra maschile e femminile.
Letteralmente “il Signore mezzo donna”, questa divinità è la personificazione della fusione tra Shiva, il principio maschile, e Parvati, il principio femminile. Ardhanarishwara non è semplicemente un simbolo di equilibrio, ma una rappresentazione dell’idea che il divino trascende ogni dualità, raggiungendo l’unione di quelli che normalmente vengono considerati opposti nell’equilibrio assoluto.

Secondo il Sat Chakra Nirupana, il testo tantrico del tredicesimo secolo che per primo descrive i chakra, Ardhanarishwara risiede nel sesto chakra, Ajna, comunemente associato al “terzo occhio”. Questo chakra è considerato il centro dell’intuizione, della visione interiore e della percezione oltre il mondo materiale. La presenza di Ardhanarishwara in Ajna suggerisce che la comprensione profonda del proprio essere porta a raggiungere uno stato di coscienza in cui maschile e femminile coesistono in perfetta armonia. (Nella tradizione tantrica esistono varie vie che ricercano l’unità tra i due principi, attraverso l’atto sessuale che diventa una fusione tra anime, oppure all’interno della propria coscienza. Il tantra però è un tema troppo vasto e non è il focus di questo articolo.)

Molte culture arcaiche a ogni modo riconoscevano e celebravano la diversità vissuta nella sessualità.

Nelle tradizioni dei nativi americani, esistevano figure come i “Due-spiriti”, individui che incarnavano, secondo la tradizione, sia lo spirito maschile che quello femminile. Queste persone erano spesso considerate sacre, in quanto capaci di vedere il mondo da entrambe le prospettive.

Allo stesso modo, in India, le comunità Hijra, che includono persone intersessuali, transgender e eunuchi, hanno una storia millenaria. Sono spesso associate a rituali religiosi e considerate portatrici di benedizioni. Anche in Pakistan, le comunità Khawaja Sira (un termine urdu che si riferisce a persone transessuali, transgender, o persone che si identificano al di fuori dei ruoli di genere tradizionali) mantengono una presenza significativa, nonostante le sfide sociali e politiche date dal difficile contesto.

Secondo molte tradizioni mistiche, lo stato reale dello spirito è al di là delle distinzioni di genere.
Nella filosofia advaita vedanta, ad esempio, l’Atman (l’anima individuale) è identico a Brahman (la realtà ultima), che è senza forma, senza genere e senza attributi. Allo stesso modo, nel buddhismo, il concetto di “vuoto” (shunyata) suggerisce che tutte le categorie, incluso il genere, sono costruzioni mentali prive di esistenza intrinseca.
Anche nel cristianesimo mistico, figure come Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce parlano di un’unione con il divino che trascende ogni dualità. La vera natura dello spirito è considerata pura coscienza e amore incondizionato.

Se accettiamo l’idea che lo spirito sia al di là del genere, allora le esperienze delle persone transgender, non binarie e gender-fluid possono essere interpretate come un richiamo, magari anche inconsapevole, a questa verità più profonda. Invece di essere viste come deviazioni da una norma, queste esperienze potrebbero essere considerate espressioni di un tentativo di risveglio spirituale, in cui l’individuo riconosce la propria essenza oltre le limitazioni del corpo fisico e delle convenzioni sociali.

Figure come Ardhanarishwara, le comunità Hijra e i Due-Spiriti ci ricordano che la diversità di genere non è una minaccia all’ordine cosmico, ma piuttosto una manifestazione della sua complessità e bellezza.
In un mondo sempre più polarizzato, queste tradizioni ci offrono una visione di unità trascendente, in cui ogni espressione di sé può essere vista come manifestazione della stessa luce divina che è, in ultima analisi, al di là di ogni definizione.

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