Al momento stai visualizzando Il muro di ferro

Il muro di ferro

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Blog
  • Commenti dell'articolo:2 commenti

Nel 1923, Vladimir “Ze’ev” Jabotinsky pubblicò il saggio “The Iron Wall” (“Il Muro di Ferro”), delineando una strategia politica per il movimento sionista.
Secondo Jabotinsky, era illusorio pensare che la popolazione araba palestinese avrebbe accettato volontariamente l’insediamento ebraico e la formazione di uno Stato ebraico. Egli sosteneva che solo attraverso una posizione di forza inespugnabile, simboleggiata dal “muro di ferro” di una difesa militare solida, gli ebrei avrebbero potuto ottenere il rispetto e, eventualmente, la negoziazione con gli arabi.

Questa dottrina ha permeato profondamente la politica israeliana nei confronti dei palestinesi, influenzando le decisioni strategiche e militari, in particolare riguardo alla Striscia di Gaza. La costruzione di barriere fisiche e l’adozione di misure di sicurezza rigorose riflettono l’applicazione pratica del concetto di “muro di ferro” nel contesto moderno.

Benjamin Netanyahu, attuale Primo Ministro israeliano, è figlio di Benzion Netanyahu, storico e assistente del segretario personale di Jabotinsky.
Questa connessione familiare ha contribuito a radicare nel Premier una visione politica influenzata dal revisionismo sionista di Jabotinsky, caratterizzata da una postura ferma e intransigente nelle questioni di sicurezza e nelle relazioni con i palestinesi.

Nel panorama politico attuale, i partiti di estrema destra come Potere Ebraico (Otzma Yehudit) e Sionismo Religioso (HaTzionut HaDatit) hanno guadagnato rilevanza.
Itamar Ben Gvir, leader di Otzma Yehudit, noto per le sue posizioni radicali e per l’ammirazione verso Meir Kahane (favorevole all’ideale del Grande Israele e alla deportazione fuori d’Israele di tutti i palestinesi dei territori palestinesi occupati) è stato nominato Ministro della Sicurezza Nazionale.
Bezalel Smotrich, a capo del Partito Sionista Religioso, ricopre il ruolo di Ministro delle Finanze e tra le sue dichiarazioni tempo addietro c’è stata quella che “É giustificato e morale affamare Gaza.”, per dirne una…

Entrambi promuovono politiche che mirano all’espansione degli insediamenti ebraici e all’annessione di territori occupati, posizioni che rispecchiano l’approccio delineato da Jabotinsky nel suo saggio.

Daniela Weiss, figura di spicco tra i coloni israeliani, ha svolto un ruolo cruciale nell’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, sostenendo l’idea di una “Grande Israele” che si estenda su tutti i territori biblici.
La sua leadership ha rafforzato il movimento dei coloni, influenzando le politiche governative verso una maggiore tolleranza e supporto agli insediamenti.

L’influenza di Meir Kahane, fondatore del partito Kach, bandito in passato in Israele per le sue posizioni estremiste, è evidente nei movimenti di destra attuali.
Ben Gvir, ad esempio, ha spesso difeso pubblicamente Kahane. Inoltre prima di entrare in carica come ministro, Ben-Gvir era noto per avere un ritratto nel suo salotto del terrorista Baruch Goldstein, che uccise 29 fedeli musulmani palestinesi e ne ferì altri 125 a Hebron, nel massacro della Grotta dei Patriarchi del 1994; ha poi rimosso il ritratto in preparazione delle elezioni legislative israeliane del 2020.

Le idee di Kahane, incentrate su un nazionalismo ebraico radicale e sulla separazione totale tra ebrei e arabi, continuano a influenzare segmenti della politica israeliana.
Il futuro del popolo palestinese appare incerto, stretto tra visioni contrastanti.

Da un lato, l’idea di trasformare Gaza in una “Riviera del Medio Oriente”, promossa dal presidente statunitense Donald Trump, ipotizza uno sviluppo economico della zona, ma che dimentica completamente le aspirazioni nazionali palestinesi.

Dall’altro, la situazione in Cisgiordania rimane tesa, con l’espansione degli insediamenti e le continue frizioni tra coloni e popolazione locale.

Israele, nel perseguire il sogno di una “Grande Israele”, si trova di fronte a sfide interne significative.
La crescente polarizzazione tra chi sostiene l’annientamento del popolo palestinese e chi critica Netanyahu per la gestione attuale, accusandolo di utilizzare operazioni militari a Gaza per distogliere l’attenzione da problemi giudiziari, alimenta il rischio di una guerra civile.

La società israeliana appare divisa, e il futuro dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra sicurezza, giustizia e coesistenza pacifica.

La complessità della situazione israelo-palestinese richiede una profonda introspezione da entrambe le parti.
L’adozione di politiche basate esclusivamente sulla forza, come suggerito da Jabotinsky, pensate per garantire sicurezza a breve termine, ha di fatto perpetuato un ciclo infinito di conflitti.
È fondamentale esplorare vie alternative che promuovano il dialogo, la comprensione reciproca e soluzioni sostenibili che riconoscano i diritti e le aspirazioni di entrambi i popoli. Solo attraverso un impegno genuino verso la pace e la giustizia sarà possibile costruire un futuro in cui israeliani e palestinesi possano convivere in armonia.

Cosa che vedendo l’attuale situazione non solo sembra difficile, ma letteralmente impossibile.

A ogni modo potete trovare online il testo di Jabotinsky, che ha delineato per molti politici israeliani le scelte politiche che hanno portato ai conflitti che conosciamo e all’oppressione di fatto della popolazione palestinese negli anni.

Queste non sono mie idee, ma dati di fatto storici certificati da storici isreeliani come Ilan Pappè, Uri Avnery, Yael Tamir e Itamar Rabinovich, per non citare il massimo conoscitore del conflitto isrealo-palestinese nel mondo, Norman Finkelstein, i cui genitori sono sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. monica

    Grazie per questa disamina. Unendo i diversi puntini a partire dall’inizio del progetto sionista, a quanto pare questo prevedeva già un’azione di forza, un’espulsione della gran parte dei nativi e soprattutto la costituzione di uno stato etno-centrato. E da qui non si schiodano. Cercherò il testo di Jabotinski che non ho mai letto 😊. Ultimamente ho letto diverse recensioni di un libro che mi intriga: “Essere ebreo dopo la distruzione di Gaza” (being jewish after destruction of Gaza) di Peter Beinart.
    Libro storico/filosofico/politico diretto agli ebrei e che analizza cosa è andato storto e cosa non va nel progetto sionista chr ha bloccato lo sviluppo di aspetti essenziali di spiritualità, pensiero e comportamento ebraico.

    1. Marco Lazzara

      Grazie per il tuo intervento.
      Ho visto delle interviste all’autore del libro che citi. Anche io ho intenzione di leggerlo.
      Il progetto sionista ha una storia lunga e travagliata. Come scritto penso di fare una serie di post al riguardo.
      Un caro saluto.

Rispondi a monica Annulla risposta