La mia ricerca spirituale è cominciata qui. Con un libro. Con un ragazzo in cammino, in un’India fuori dal tempo, eppure stranamente vicina.
Siddhartha di Hermann Hesse non è un romanzo qualsiasi: è una soglia. Una voce che, sottovoce, ti chiama. E se ascolti, ti ritrovi a cercare qualcosa che non ha nome, ma che sai esistere.
Leggerlo da giovane è come guardarsi in uno specchio d’acqua. Non per contemplarsi, ma per scorgere qualcosa che si muove sotto la superficie. C’è la ribellione, la sete, il dubbio. C’è il distacco dai maestri per diventare maestri di se stessi.
C’è la sensazione che nessuna dottrina, nessun dogma, possa colmare la distanza tra l’esperienza e la verità. Siddhartha cerca. Cammina. Si smarrisce. Passa attraverso l’ascesi e il piacere, la ricchezza e la perdita, l’orgoglio e l’umiliazione. Fino a quando smette di cercare fuori. Fino a quando il fiume gli parla.
E allora si accorge che la verità non si afferra, si ascolta. Che la vita non si domina, si accoglie. Che ogni cosa – perfino il dolore – è parte di un’armonia più grande.
Non ho dimenticato quel primo incontro. Siddhartha non ha risposto alle mie domande. Le ha cambiate. Portandomi a cercare, e a trovare, ció che spegne l’eterna sete di colui che cerca.

Ricordo con molto affetto, è un pizzico di nostalgia le prime letture di un certo tipo… Fra cui spicca senz’altro si tratta di Hesse, ho letto quasi tutti i suoi libri. E devo dire che in quel periodo della mia vita hanno significato molto. Devo ammettere che però non ci sono ritornato su. Forse è l’unico libro che ho riletto è stato proprio siddharta. Si tratta comunque di un testo molto interessante e profondo.
Concordo pienamente Marco, anche per me è stato così!
L’ho letto in gioventù e poi riletto più avanti ed è stato utile in ogni età della vita, perché risveglia e porta consapevolezza a seconda del personale grado di maturità.
Un abbraccio forte