NB: Come scritto nel post introduttivo della serie non sarà possibile elencare tutto ciò che é stato commesso nel nome di una religione, oppure di un’ideologia. Il link al post lo trovate qui. Da parte mia non c’è nemmeno l’intenzione di demonizzare una religione oppure un’ideologia, ma quella di raccontare a cosa gli esseri umani possono arrivare nel nome di un’ideale, per quanto nobile possa essere.
L’Islam nasce nel VII secolo nella penisola arabica con l’esperienza del profeta Muhammad. Il nome stesso significa “sottomissione” a Dio, ma rimanda anche a una pace interiore che dovrebbe derivare da questa adesione. Come sempre, però, tra l’ideale e la storia corre un abisso. La comunità dei credenti si affermò fin dall’inizio anche attraverso la guerra, con battaglie in cui lo stesso Muhammad fu presente, e dopo la sua morte l’espansione dei califfi trasformò un movimento religioso in un impero che in pochi decenni arrivò dalla Spagna all’India.
Nelle conquiste, accanto alla predicazione e alla convivenza, ci furono massacri e conversioni forzate. Nel 711, durante la conquista di al-Andalus, intere città cristiane furono sottomesse e saccheggiate. In India, l’arrivo dei musulmani portò secoli di violenze: Mahmud di Ghazni, nel 1024, distrusse il grande tempio di Somnath massacrando migliaia di fedeli; nel 1193, il generale Qutb-ud-din Aibak fece abbattere decine di templi a Varanasi ed eresse moschee sulle loro rovine. Le cronache dei sultanati di Delhi (XIII-XV secolo) parlano di milioni di indù uccisi o ridotti in schiavitù. Nel 1398 Tamerlano, invadendo l’India, ordinò il massacro di oltre 100.000 prigionieri indù in un solo giorno a Delhi.
Il termine jihad, che teologicamente significa “sforzo” nel cammino verso Dio, divenne presto giustificazione di guerre senza pietà. Tamerlano lo brandì per legittimare le sue campagne sanguinarie: a Baghdad, nel 1401, fece massacrare circa 90.000 abitanti, costruendo piramidi di teschi come monito. In Siria e Anatolia le sue orde devastarono città intere, giustificando ogni eccidio come guerra santa. Anche i califfati omayyade e abbaside usarono questa parola sacra per legittimare conquiste e riduzione in schiavitù di milioni di persone in Medio Oriente, Asia Centrale e Nord Africa.
Una delle ferite più profonde della storia islamica è la divisione tra sunniti e sciiti. Dopo la morte del profeta, la contesa sulla sua successione portò nel 680 al massacro di Kerbala: Husayn ibn Ali, nipote di Muhammad, fu ucciso con i suoi seguaci da forze sunnite. Quel giorno, il 10 ottobre 680, rimase impresso come tragedia fondativa. Da allora la frattura tra le due comunità ha continuato a generare guerre e persecuzioni. Nel 1514 la battaglia di Chaldiran vide l’impero ottomano sunnita schiacciare i safavidi sciiti. Nel 1628, a Lahore, l’imperatore moghul Aurangzeb ordinò la distruzione di centinaia di templi indù e la persecuzione degli sciiti. In tempi più vicini a noi, gli attentati contro moschee sciite in Pakistan e Afghanistan hanno prolungato la scia di sangue, con decine di migliaia di morti.
Il rapporto tra Islam e potere politico si tradusse anche in forme di tolleranza condizionata. Nell’impero ottomano cristiani ed ebrei erano tollerati come dhimmi, ma obbligati a pagare la jizya e a vivere sotto restrizioni. Tra il XV e il XVII secolo migliaia di bambini cristiani furono strappati alle famiglie nei Balcani con il sistema del devşirme, convertiti all’Islam e arruolati nei giannizzeri. Le guerre ottomane nei Balcani furono accompagnate da eccidi: nel 1456, dopo la caduta di Belgrado, interi villaggi serbi furono rasi al suolo; nel 1689, durante la grande guerra turca, migliaia di civili furono massacrati in Macedonia e Kosovo per essersi ribellati al dominio ottomano. Anche in Grecia, nel 1822, la repressione ottomana della rivolta di Chio causò lo sterminio di circa 25.000 abitanti e la schiavitù di altri 50.000, episodio rimasto nella memoria europea come simbolo di ferocia.
L’età contemporanea ha visto il riaffiorare del fondamentalismo. Nel 1744, con l’alleanza tra Muhammad ibn Abd al-Wahhab e la dinastia saudita, nacque il wahhabismo, dottrina puritana che avrebbe ispirato molti movimenti moderni. Il secolo scorso è stato segnato dal terrorismo islamista: l’11 settembre 2001, con le Torri Gemelle distrutte e quasi 3.000 morti, è diventato simbolo globale di questa deriva. L’ISIS, proclamando un califfato tra Iraq e Siria nel 2014, ha compiuto genocidi come quello degli Yazidi, distruzioni di città antiche e decapitazioni pubbliche. Boko Haram in Nigeria ha rapito e schiavizzato migliaia di ragazze, mentre i Talebani hanno imposto con la violenza la sharia in Afghanistan, con lapidazioni ed esecuzioni sommarie.
Eppure sarebbe un errore identificare l’Islam solo con queste ombre.
Oggi quasi due miliardi di persone vivono questa religione in forme estremamente variegate, spesso come esperienza interiore, legata alla preghiera quotidiana e a una dimensione di comunità pacifica. Riconoscere la lunga storia di violenze compiute nel suo nome non significa ridurlo a esse, ma capire come ogni religione istituzionalizzata, una volta legata al potere, possa trasformarsi in strumento di dominio.
Distinguere la fede dalla sua manipolazione politica rimane l’unico modo onesto per guardare in faccia la storia.
Glossario
Califfato – forma di governo islamico che unisce autorità religiosa e politica nelle mani del califfo, considerato successore di Muhammad.
Dhimmi – “protetti”: cristiani, ebrei e altre minoranze ammesse nell’impero islamico, con restrizioni e obbligo di tasse.
Jizya – imposta speciale che i dhimmi dovevano pagare ogni anno per mantenere il diritto di praticare la propria fede.
Devşirme – sistema ottomano (XIV–XVII sec.) di reclutamento forzato di bambini cristiani dei Balcani, convertiti all’Islam e addestrati come giannizzeri.
Giannizzeri – corpo militare d’élite dell’impero ottomano, formato in gran parte dai ragazzi reclutati con il devşirme.
Jihad – significa “sforzo” spirituale, ma nella storia ha assunto anche il significato di “guerra santa” contro infedeli e apostati.
Sunniti – la maggioranza dei musulmani; riconoscono come successori del profeta i primi califfi eletti dalla comunità.
Sciiti – minoranza islamica; sostengono che la guida legittima dell’Islam spettasse ad Ali (cugino e genero di Muhammad) e alla sua discendenza.
Wahhabismo – movimento puritano nato nel XVIII secolo in Arabia Saudita, che predica un ritorno radicale alla purezza originaria dell’Islam; base ideologica di molti fondamentalismi moderni.
Sharia – insieme di norme religiose, morali e giuridiche ricavate dal Corano e dalla tradizione profetica, applicate con rigore variabile nei diversi paesi.
Bibliografia essenziale – Islam:
Bernard Lewis, Il linguaggio politico dell’Islam, Laterza, 1991.
Bernard Lewis, Storia dell’Impero Ottomano, Laterza, 2015.
Gilles Kepel, Jihad. Ascesa e declino, Carocci, 2001.
Karen Armstrong, Islam. Una breve storia, Mondadori, 2002.
Malise Ruthven, Islam: A Very Short Introduction, Oxford University Press, 2012.
William Dalrymple, Return of a King. The Battle for Afghanistan, Bloomsbury, 2013.
Hugh Kennedy, The Great Arab Conquests, Da Capo Press, 2007.
Hugh Kennedy, Caliphate: The History of an Idea, Penguin, 2016.
John Esposito, Islam. The Straight Path, Oxford University Press, 1998.
Mark Juergensmeyer, Terror in the Mind of God: The Global Rise of Religious Violence, University of California Press, 2003.
Justin Marozzi, Tamerlane: Sword of Islam, Conqueror of the World, HarperCollins, 2004.
Romila Thapar, Somnath: The Many Voices of a History, Penguin India, 2004.
Richard Eaton, Temple Desecration and Muslim States in Medieval India, Oxford University Press, 2000.

Grazie Marco, interessante anche questa seconda parte, condivido l’osservazione finale!
Grazie a te. 😉😘