Una delle cose più rilevanti del silenzio mediatico sugli avvenimenti interni degli Stati Uniti, almeno da parte della stampa italiana, è la scarsa presenza di notizie riguardante la situazione negli States.
Poco o nulla sulle manifestazioni di piazza contro il governo di Trump: Milioni e milioni di persone sono scese in strada in innumerevoli città americane, il 14 giugno, mentre a Washington c’era la parata militare per i 250 anni dell’esercito americano, che coincideva con il compleanno del presidente USA.
La parata è stata un fiasco colossale, mentre immagini di strade piene di gente per le manifestazioni chiamate “No Kings”(Nessun re) sono sotto gli occhi di chi s’interessa della politica estera da vicino.
In un momento storico dove la divisione all’interno del popolo statunitense è sempre maggiore avvengono cose fino a poco tempo fa inimmaginabili.
L’uomo più ricco del mondo (con contratti da miliardi di dollari con il governo americano) ha finanziato la campagna elettorale del candidato ora presidente, ha messo mano alla struttura del governo federale smantellando decine di uffici e agenzie, tra i quali l’USAID, una delle massima agenzie a livello mondiale che forniva aiuti ai paesi più poveri. Poi ha litigato furiosamente via social con il presidente, per poi scusarsi, mentre le sue aziende hanno perso miliardi di dollari nel mercato azionario…E Trump ha minacciato di farlo espellere, dato che il suo arrivo negli Stati Uniti, anche secondo la sua biografia ufficiale, non è stato così regolare…
Il presidente americano ha mandato 4000 uomini della guardia nazionale e 700 marines a Los Angeles per sedare le proteste contro l’agenzia per l’immigrazione che arresta immigrati a più non posso, anche entrando nei centri commerciali oppure nelle aziende dove questi lavorano….Ormai non serve più essere un delinquente, un assassino o uno spacciatore per essere arrestato. Basta avere un foglio non in regola, anche già in conciliazione, per venire arrestati e deportati, mentre la paura dilaga tra gli immigrati. Hanno deportato tra gli altri anche una bambino di sette anni malato di leucemia.
Il governatore californiano ha avuto uno scontro accesissimo con Trump, che in un’intervista ha dichiarato che dovrebbe essere arrestato, senza spiegarne il motivo. Forse per lesa maestà.
Le proteste erano circoscritto a piccole zone, mentre i media pro-Trump hanno mostrato una città in fiamme, e il presidente ha paventato l’uso della forza in qualsiasi città che dovesse avere delle proteste.
Un senatore democratico californiano è stato ammanettato e portato via con la forza per avere fatto delle domande scomode durante un intervento pubblico di una rappresentante del governo.
E questi sono solo alcuni esempi di quello che sta accadendo negli States.
In tutto questo sembra però che ci sia una svolta inaspettata da parte di un frangia politica americana, che clamorosamente vira a sinistra in un contesto che porta alla ribalta una parte del partito democratico, dove la sua base vota contro l’establishment classico del partito.
New York ha scelto, e la scelta è di quelle che, pur avvenendo in un tempo che corre troppo in fretta per fermarsi a pensare, merita una riflessione più ampia. Zohran Mamdani, consigliere statale del Queens, sostenuto apertamente da Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders, ha vinto le primarie democratiche per la carica di sindaco della metropoli simbolo dell’Occidente. Una vittoria che, se confermata a novembre, segnerebbe un passaggio storico: la possibile elezione del primo sindaco dichiaratamente socialista della città, nonché del primo sindaco musulmano e indiano-americano.
Non è la prima volta che New York anticipa ciò che accadrà altrove. Ma questa volta, più che una previsione, sembra una rottura. Un’onda diversa, che si infrange contro decenni di amministrazioni liberali, centristi pragmatici, tecnocrati sorridenti, promesse di ordine e sicurezza, e una crescente distanza tra chi vive a Manhattan e chi sopravvive nel Bronx o nel Queens. Mamdani ha intercettato quella stanchezza diffusa che si nasconde dietro i dati economici: l’affitto che divora gli stipendi, il cibo che costa sempre di più, la scuola che divide invece di unire, la città che promette tutto a tutti ma consegna poco a molti.
Certo, il sostegno di Sanders e AOC, che hanno attraversato gli Stati Uniti in uno dei tour politici piú seguiti di sempre (Fight Oligarchy) nei primi mesi della presidenza Trump, dove invitavano la popolazione a lottare contro l’oligarchia che sta prendendo piede in America, ha contato. Ma sarebbe riduttivo leggere questa vittoria solo in chiave di endorsement politico. Questo nonostante l’importanza che Bernie Sanders e AOC stanno assumendo nella vita politica americana.
Mamdani ha saputo toccare corde profonde. Ha parlato di case popolari e autobus gratuiti, ma soprattutto ha restituito dignità a un linguaggio che la politica mainstream aveva sepolto sotto il vocabolario delle compatibilità. Non ha nascosto il termine “socialismo”, non si è vergognato del concetto di redistribuzione, non ha evitato lo scontro con l’establishment. Ha nominato le cose per quello che sono. E in un’epoca in cui la verità si diluisce in centomila narrazioni, questo è già un atto rivoluzionario.
Il suo avversario principale era Andrew Cuomo, ex governatore, uomo forte del Partito Democratico newyorkese, sopravvissuto a scandali e dimissioni, simbolo di un potere che si rigenera nei salotti ma che fatica a parlare con le strade. La sconfitta di Cuomo, per quanto non travolgente nei numeri, è un segnale chiaro: la città ha voltato pagina. O, almeno, ha deciso di provarci.
Resta ora da capire cosa succederà a novembre. New York è da decenni una roccaforte democratica. Non è impossibile che Mamdani venga eletto. Ma il percorso non sarà privo di ostacoli. L’attuale sindaco, Eric Adams, ex poliziotto e centrista inasprito, travolto a sua volta da vari scandali, potrebbe candidarsi da indipendente. Cuomo stesso non ha escluso un ritorno in corsa. E c’è sempre l’ombra di una campagna denigratoria che potrebbe fare leva sulle posizioni pro-palestinesi di Mamdani, già criticate da gruppi organizzati che non esitano a confondere le opinioni politiche con l’antisemitismo. In un’America polarizzata, nessuna vittoria è al sicuro fino all’ultimo voto.
Eppure, al di là delle dinamiche elettorali, ciò che emerge è un cambiamento di paradigma. La sinistra americana – quella vera, quella sociale, non solo identitaria – torna a bussare alle porte del potere. Non con la violenza, ma con la forza dell’immaginazione politica. Mamdani è il volto nuovo di questa possibilità. Non un salvatore, ma un segnale. Un sintomo di un bisogno più grande: quello di tornare a credere che la politica possa ancora essere uno strumento per cambiare la vita, non solo per gestirla.
Forse è questo, in fondo, il significato più profondo di quanto sta accadendo a New York: la fine dell’illusione che tutto debba rimanere com’è. E l’inizio, fragile ma potente, di un’epoca in cui anche nella città più capitalista del mondo, può affacciarsi l’idea che un altro modello sia possibile. E che valga la pena tentarlo.
grazie per questo articolo, innanzitutto perché leggere queste notizie al mattino sparge un bel riflesso sulla giornata! Hai usato le parole giuste per mettere in luce bisogni di giustizia e sicurezza profondi ma anche fatti che accadono di cui non si parla e che sono importantissimi. I media ci bersagliano con “sberle” (non notizie) a raffica che intontiscono per la rapidità e la bruttezza e nella maggior parte dei casi senza offrire un minimo di elementi di contesto e riflessione.
Il risultato è una polarizzazione estrema e il risveglio di mostri interni.
Mi riallaccio qui a uno dei temi che avevi lanciato “ideologia criminale” che trovo molto adatto per sviscerare dinamiche a cui siamo sottoposti. Stesso interesse anche per il tema “sionismo” ma meglio dire “sionismi”. Su questo ti scriverò un messaggio. In questo periodo infine sto rileggendo alcuni scritti di Jung che affronta la questione dell’irrazionalità o meglio del lato inconscio che guida noi stessi e sta alla base di eventi storici tragici come pure di processi di individuazione e guarigione. Ti auguro buona giornata che ora esco e vado al lavoro.
Grazie a te cara Monica.
A presto. 😉
Speriamo veramente che il significato vero della parola “politica”, questa volta trionfi. Grazie mille per l’articolo ed il tuo lavoro, volto a far capire dietro le quinte, cosa succede veramente in America!
Claudia
Grazie a te. 🙂
Speriamo che possa tornare in auge, in tutto il mondo, la politica che mette al centro i bisogni reali delle persone. Fisiche e non giuridiche. 😉
Un abbraccio fortissimo.